EVENTI CULTURALI, TESTI CLASSICI E INEDITI, FOTO, FILMATI: UN BLOG TUTTO DA LEGGERE, VEDERE, SCOPRIRE E.. SFOGLIARE!





Indirizzo e-mail: mailto:giu.cali69@gmail.com




Cerca nel blog

mercoledì 30 dicembre 2009

ADDIO ENNESIMA PAGINA DI VITA

Come pagine di un libro che si sovrappongono, così un altro anno si adagia o si schianta sugli altri. Non è facile capire la vita, non è semplice coglierne solo le emozioni più belle, rifuggendo i mali e i dolori che come ogni anno passato e purtroppo in quelli a venire, si alterneranno alle gioie. E’ una nemesi implacabile e difficile da accettare. Sarebbe bene crogiolarsi nelle teorie degli stoici e cercare di affrontare tutto come se fossimo delle macchine. Una linea retta che non si scote né per i piaceri né per dispiaceri. Ma siamo esseri umani, esseri razionali e folli, nati per combattere contro le inezie e i macigni della realtà che viviamo. I bilanci sono sempre, dunque, variabili e raramente vanno in pareggio, si hanno sempre perdite e guadagni.
Un 2009 personalmente ricco di emozioni, senza dubbio questo si può affermare: è stato l’anno dei miei viaggi europei lungo il Tamigi ed oltre la Sagrada Familia. L’anno del mio esordio in teatro come sceneggiatore, regista e attore, l’anno di altri eventi e di intense composizioni. E’ stato anche l’anno del furto della macchina e della rapina in casa che tanti danni mi ha causato; l’anno dei miei quarant’anni, tutto sommato belli! Ricchi anche di amore, di avventure, di passioni sfociate e subito finite. Indiscutibilmente sono le donne che brillando portano luce alla mia vita, luci e ombre, ovvio, ma quando sono luci sono così luccicanti che niente a confronto può dare maggiori emozioni. Lo sguardo, le carezze, i baci, i sospiri, nulla al mondo esiste di più dolce, nulla paragonabile a questa musica di stelle, a questo vuoto nella galassia. E dunque amori miei un pensiero speciale a voi che avete monopolizzato, dividendovela con l’arte, la mia anima. Da qualche parte forse un giorno ci rincontreremo, forse dove sostano le anime, forse soltanto nella polvere dei nostri ricordi.
E’ un altro anno senza i tuoi sorrisi e la tua voce, quanto mi sarebbe piaciuto scorgerti tra il pubblico… quanto.. maledizione. Sappi però spirito divino, madre, donna regina, che tutto quello che faccio è per te, ogni singolo applauso, ogni emozione che trasmetto dona eternità alla tua splendida anima.
Un pensiero a mia Nonna, alla sua forza di superare gli errori dei medici dopo spossanti ore di sala operatoria e al suo infortunio dal quale spero si riprenda presto, che le corsie di ospedale purtroppo corrono spesso lungo le nostre vite, l’importante è farle passare e svanire oltre il confine di ogni male.
L’anno del dolore più grande: la “mia” città adottiva stravolta da un violento terremoto. Anche se lontane le mie lacrime si sono unite alle vostre gente aquilana, orgogliosa, unica e sempre viva nel mio cuore. La nostalgia ti appartiene cittadina incantata ed un miracolo se potessi compierlo o invocarlo, sarebbe quello di ricostruire tutto e pregare affinché le anime decedute respirino per sempre in ognuno di noi.
Dunque, desidero porgere a tutti voi, lettori di questo sito e a tutti i parenti, gli amici, alle ninfe e alle regine della mia vita i migliori auguri, affinché questo 2010 porti con se una cascata di stelle che brillando intensamente possano oscurare il buio dello spazio infinito.
Felicità!

domenica 20 dicembre 2009

STORIE COMETE

Se non fosse un sol giorno all’anno,
che il mondo si fermasse senza alcun danno;

se non fosse mera illusione
sognar pace e comprensione;

se non fosse arcana utopia
coltivar amore per ogni via:

assai più radioso sarebbe il Natale
ed estinto ogni ingannevole male.

Sorgano dunque parole e poesia
e di storie comete…lascin la scia!

venerdì 4 dicembre 2009

ALMQUIST E IL MERAVIGLIOSO CONNUBIO TRA SENSI E MUSICA

"Non è esatto che i nostri sensi siano cinque: l'uomo è uno in tutto, egli ha soltanto un senso, ma un senso fino e potente che coglie ogni cosa in cinque modi. Di una musica bella e profonda non giungono soltanto le onde melodiche all'orecchio... figure aeree sembrano nello stesso tempo sorgere in gruppi incantati, per effetto di una percezione interiore; essi si muovono, assumono forme e accidenti tra loro a mano a mano che si succedono i toni del pezzo, si rivelano i segreti dei colori e la parentela con la forza dei toni. Contemporanemente dalla musica che ascoltiamo si sprigionano pure vapori di grazia inesplicabile: essi devono essere nati nell'intima natura del pezzo: e nuotano verso di noi con l'etere dell'anima: sì, i toni hanno realmente un soffio benevolo e si levano più profondi, vengono essi come frutti paradisiaci per il palato del nostro spirito... miracoloso destino!... La musica finisce nel sentimento, che non è il quinto dei sensi, ma la fonte, ferace, segreta dello stesso senso, in cui ogni vibrazione va all'orecchio come un tono, agli occhi come una figura, si avvicina al naso in un dolce respiro e cresce come un nobile e gustoso frutto per la bocca dell'uomo..." (Carl J.L. Almquist, da: "L'eremo")

martedì 24 novembre 2009

DON CHISCIOTTE ED I PENSIERI STRAVAGANTI...

"... Si sprofondò tanto in quelle letture, che passava le notti dalla sera alla mattina, e i giorni dalla mattina alla sera, sempre a leggere; e così, a forza di dormir poco e di legger molto, gli si prosciugò talmente il cervello, che perse la ragione. Gli si riempì la fantasia di tutto quello che leggeva nei suoi libri: incanti, litigi, battaglie, sfide, ferite, dichiarazioni, amori, tempeste e stravaganze impossibili; e si ficcò talmente nella testa che tutto quell'arsenale di sogni e d'invenzioni lette nè libri fosse verità pura, che secondo lui non c'era nel mondo storia più certa...
E così perso ormai del tutto il cervello, gli venne il pensiero più stravagante che sia mai venuto a un pazzo; cioè gli parve opportuno e necessario, sia per accrescere il proprio onore, sia per servire il proprio paese, di farsi cavaliere errante, e d'andar per il mondo con le sue armi e il suo cavallo a cercare avventure... combattendo ogni sorta di sopruso ed esponendosi a prove pericolose, da cui potesse, dopo averle condotte a termine, acquistarsi fama immortale... e quindi sospinto da così radiosi pensieri... si affrettò a mandare ad effetto il suo desiderio.
(Miguel De Cervantes, "Don Chisciotte della Mancia")

mercoledì 18 novembre 2009

CANONI E IDEALI EFFIMERI

Se i versi potessero essere come i fattori della matematica che si annullano tra essi, vorrei che questi ultimi sovrapponessero i primi. (LA REALTA' su UN SOGNO)
Che la donna immortalata, con la prima poesia venga così avvolta dall'oblio.
Su questo stesso spazio virtuale, disquisivo in precedenza su amicizia erotica e amore, asserendo di preferire la prima. Confermo decisamente, soprattutto adesso che ho provato cosa significa l'amore folle per una donna tanto bella quanto complicata ed unica, l'amore o l'infatuazione, che lasciano solo acidi a corrodere le speranze, vanamente instillate da occhi ingannevoli.
Mie care amiche che accusate spesso gli uomini, non vi sono distinzioni di sesso. Siamo tutti dolci e cattivi, cinici e persi. Ognuno insegue ciò che non può avere e il male che fai nel giro della vita ti torna sempre con gli interessi. Meglio dunque riappropriarsi dei detti di Epicuro quando asserisce che suprema libertà è il bastare a se stessi. Meglio molto meglio.
Perchè quando il mondo ti sta crollando addosso e all'improvviso una luce si accende per darti forza, ti rendi conto che l'unica luce che non ti tradirà mai è quella che hai dentro tu, o quella di qualcuno che ti ha amato disinteressatamente perchè ti ha dato la vita.
I canoni, gli ideali sono variati, o forse sono sempre gli stessi. Chissà come mai, ogni donna che mi interessava davvero, aveva gli ideali dell'uomo perfetto, ben distinti dai miei e le donne che ho rifiutato avevano caratteristiche ben diverse dai miei ideali di femmina!
Comunque, da una piccola statistica personale e sottolineo personale emerge dunque che le donne cercano l'uomo protettivo, in perfetta salute, ben assestato economicamente ed anche un pò cattivo, insomma uno che le faccia soffrire per bene e magari che le trascini in una situazione complicata. Il masochismo oggi, ahimè, regna sovrano nei cuori.
Peccato che sebbene viva questa realtà, io sia soltanto un sognatore ed un creatore di versi che come corrente di fiume passano, lasciando solo briciole di eternità.

LA REALTA'

Fu fuoco fatuo
l’acre sapore dei tuoi baci.

Una passione effimera,
stelo di fiore,
squassato dalla tempesta della tua fuga.

Rifulge il veleno
oltre le correnti del tempo,
profondo, spreme il cuore
con sferzate di nostalgici ricordi.

Sprazzi di immensità e follìa
vanamente dissolti
dai tuoi quarti di luna.

Perfida,
tra le tue bianche carni
hai illuso e avvinto,
coi tuoi occhi di oceano
rapito la mia fragilità.

Che il loto ti sia fiore
e l’oblio possa annientarti per sempre

mercoledì 11 novembre 2009

UN SOGNO

Sorge da bruma di sogni,
impavida oltre le scogliere.

Di spuma i sorrisi,
approdi di isole nei suoi respiri.

Nivee le spalle,
letto di fiume per suoi capelli.

Ho deposto il cuore
sulle sue coste,
fluisce l’anima alle sue rive.

Oh mani bramose:
poteste stringere il suo tempo
in un abbraccio infinito!

Un desiderio,
ora:
morir dei suoi baci di cielo.

Un sogno,
sempre:
ancorar la mia vita ai suoi occhi

sabato 24 ottobre 2009

KIPLING E UNA DELLE SUE POESIE

E ho visto mille giorni sgusciar fuor e poi strisciar nella notte,
lenti come tartarughe.
Adesso anche io li seguo.
E' la febbre non la lotta...
Il tempo, non la guerra, che uccide.

R. Kipling

giovedì 22 ottobre 2009

TRAMONTATA E' LA LUNA

Tramontata è la luna
e le Pleiadi a mezzo della notte;
anche giovinezza già dilegua
e ora nel mio letto resto sola.

Scuote l'anima mia Eros,
come vento sul monte
che irrompe entro le querce;
e scioglie le membra e le agita,
dolce amara indomabile belva.

Ma a me non ape, non miele;
e soffro e desidero.

Saffo

lunedì 12 ottobre 2009

ESCHILO E I DONI PAGATI A CARO PREZZO DA PROMETEO

"Ma udite la miseria dei mortali prima, indifesi e muti come infanti, e A cui diedi il pensiero e la coscienza. Parlerò senza biasimo degli uomini, ma narrerò l'amore del mio dono.
Essi avevano occhi e non vedevano, avevano orecchie e non udivano, somigliavano a immagini di sogno, perduravano un tempo lungo e vago e confuso, ignoravano le case di mattoni, le opere del legno: vivevano sotterra come labili formiche, in grotte fonde, senza il sole; ignari dei certi segni dell'inverno o della primavera che fioriva o dell'estate che portava i frutti, operavano sempre e non sapevano, finchè indicai come sottilmente si conoscono il sorgere e il calare degli astri, e infine per loro scoprii il numero, la prima conoscenza, e i segni scritti come si compongono, la memoria di tutto, che è la madre operosa del coro delle Muse.
[...] Mille cose inventai per i mortali, e ora, infelice, non ho alcun ordigno che mi affranchi dal male che mi preme... Se uno s'ammalava non aveva difesa, cibo, unguento, bevanda: si estingueva senza farmachi, finchè indicai benefiche misture che tengono lontano tutti i morbi... E primo giudicai quali vere visioni porta il sogno, svelai le oscure voci dei presagi, i profetici incontri sui cammini... guidai i mortali ad una conoscenza indimostrabile, e aprii i loro grevi occhi velati ai vividi presagi della fiamma. Questo io feci... Sappilo in breve tutto ciò che gli uomini conoscono proviene da Prometeo.
[...] Non è più parola. La terra trema. E' l'urlo cupo sordo del tuono, il bagliore del lampo, il vortice del fuoco, turbina polvere, i venti si lanciano violenti, in lotta aperta, cielo mare sconvolti. E' la mano di Zeus su di me, visibile, viene: io tremo.
Guardate, tu santità di mia madre, tu cielo che volgi la luce del mondo: quello che soffro è contro la giustizia..."
(Eschilo, da "Prometeo incatenato")

venerdì 9 ottobre 2009

LAMPI DI VITA

“…E il ricordo passa in quel profumo, evocato dalle nostre ore più famose…” (Rilke)

Forse il tempo è un cerchio infinito, forse è un treno in corsa, forse è una nebulosa o uno zodiaco sul quale transitano gli attimi delle nostra vita. E’ una riscoperta il passato, più avanzi in questo breve viaggio più senti la nostalgia avvincerti la gola e strigliarti il cuore. E’ pieno di quarantenni questo mondo, tutti uomini e bambini, tutti adolescenti e vecchi col pensiero rivolto a sogni forse mai realizzati. Sono i costumi del tempo, gli usi e l’ovattata felicità che correva lungo quelle immagini lontane. Vedere Goldrake a colori da una vicina e stupirsi di quanta importanza davano ad un anime giapponese, visto sino ad allora solo in bianco e nero. Si sbuffava e si imprecava contro il grande Peppino De Filippo, affinché terminasse presto di parlare e fosse messo in onda il cartone animato che tutti aspettavamo. Il primo, di una serie infinita che entrava nelle nostre menti, mentre il crepuscolo calava e avevamo ancora in bocca il sapore della merenda alla nutella preparata dalla mamma e gettata della finestra, (quando non potevi togliere al gioco nemmeno un minuto), avvolta in un sacchetto di carta. Un sacchetto che appena scartato emanava un profumo tale da strappare in mille pezzi il tovagliolo e agguantare famelici il panino straripante delle sublime crema. Quando i sogni erano concreti, erano tangibili e sicuri, quando sognavi di fare il medico, o l’astronauta o di pilotare un robot. Scorrevano le immagini e scorreva la spensieratezza provata e poi perduta, infranta contro un mondo in continua involuzione. Cosa si è perso? Gli agi si sono moltiplicati fecondi, l’era di internet è prepotentemente entrata in scena, come una grande attrice al debutto, ma senza emozione, nessuna scossa di adrenalina prima di dominare il palco. Si comincia da lì forse, dall’infanzia perduta a fabbricare le impalcature della vita, qualcuno le ha costruite solide, qualcuno traballanti. Certezza, equilibrio e follia hanno caratterizzato la crescita, fissando come post-it gli attimi ad una bacheca effimera. Ogni mattone, un errore o una conquista, una soddisfazione o un dolore. Allora il riso era ebbro sulle candide labbra, allora i profumi si mescevano al roteare della palla su un campetto di terra incolta. Erano corse al vento che ti carezzava sornione il viso, allora Eolo stuzzicava divertito la nostra allegria. Era il coprifuoco per vedere un cartone e raccontarselo l’indomani, erano i primi batticuore mentre si urlava divertiti chiedendo quanti passi bisognava fare con la fede e con l’anello per arrivare a.. quel castello.. Era la strega che comandava i colori ed i suoi occhi che davano tremori. Le sette pietre e le mille illusioni, la palla avvelenata ed i primi dolori. C’era Terence nei sogni che suonava l’armonica alla sua Candy, c’erano i cartoni dopo Scrooge e i suoi tre fantasmi. E il tempo correva, si fermava o svaniva. C’era il carnevale in piazza, Luis Miguel e i primi baci. C’erano la geografia i brutti voti e la nazionale. Sorgeva la poesia, figlia illegittima del Romeo e Giulietta di Zeffirelli. Il suo Gesù e il mito di Sandokan, l’urlo della tigre e i fremiti del mio corpo. Il primo amore e la felicità che stringeva la gola, una felicità infinita e illusoria. C’erano Zeb, Luke e Molly, Jerry Lewis e Brett Sinclair, davanti al divano, davanti alla famiglia riunita. C’era il bagno la domenica dopo una giornata in campagna a deliziare e stuzzicare la bocca con le scorze delle mandorle acerbe. C’erano le canne e le capanne, la sabbia in casa e le corse al mare. C’era la briscola nell’ombra degli androni ed altri giochi che sorgevano al canto delle cicale. C’era un mondo incantato e soprattutto c’eri tu a dare un senso a tutto questo. C’era la tua voce, c’erano le tue premure ed i tuoi sorrisi. C’erano le fiabe inventate e quelle lette, le suore cattive e la tua rabbia. C’era l’odore della cartella e la maestra snob. C’erano i tuoi dolci e le bottiglie che macinavano i biscotti. C’era la nenia della tua macchina da cucire che cantava a volte tutta la notte per sfornare abiti incantevoli. C’erano le tue risate, mamma, c’era la tua gioia ed il tuo amore. E adesso c’è di nuovo tutto questo dentro me e dentro ogni nota che riascolto. Tutto un mondo che rifiorisce, che sboccia per un secondo, un dannatissimo secondo che vorrei fermare, un secondo soltanto per tornare indietro e riportarti qui, accanto a me.

“Il tempo ha visto e non tornerà indietro…” (E. Pound)

martedì 6 ottobre 2009

L'AVVENIRE di Guillaume Apollinaire

Solleviamo la paglia
Guardiamo la neve
Scriviamo lettere
Aspettiamo ordini

Fumiamo la pipa
Pensando all'amore
I gabbioni son lì
Guardiamo la rosa

La fonte non s'è inaridita
Nè la paglia d'oro è sbiadita
Guardiamo l'ape
E non pensiamo al domani

Guardiamoci le mani
Che sono la neve
Sono l'ape e la rosa
Nonchè il domani

venerdì 2 ottobre 2009

PERCY SHELLEY E L'AMORE TRA LUNA E TERRA

Come in molle, soave stordimento
d’anime innamorate che s’incontrino
su bocche, e il forte cuore adagio palpita
ed il più scintillante occhio s’oscura,
anch’io se la tua ombra fai cadere
su me, così coperta taccio, immobile
o bellissima sfera, troppo colma.
Svelto vai d’intorno al sole
tu, il più splendido fra i mondi
verde, azzurro globo ardente
della luce più divina
fra le lampade del cielo
che hanno vita, che han splendore.
Cristallina amante tua
a te spinta da un potere
pari a bussola dell’Eden
per gli sguardi innamorati,
io, fanciulla innamorata
cui la gioia del suo amore
empie la debole mente
corro, sposa non saziata,
follemente intorno a te
riguardandoti ogni lato
delle forme... Fratello,
corro ovunque tu ti libri
ruoto e seguo per i cieli
ampi e cavi, circondata
dal tuo caldo abbraccio, che
mi protegge dalla fame
dello spazio, ogni bellezza,
maestà, forza bevendo
dal tuo senso, del tuo sguardo,
proprio come fa un’amante
o il camaleonte, che
si colora a ciò che guarda,
o la viola che col tenero
occhio fissa il cielo azzurro
per tingersi di quello che contempla.

mercoledì 30 settembre 2009

HO MESSO LE ALI

Cade il cielo stanotte:
spasimi di pioggia scrosciano audaci.

Palpita di mille colori la trasparenza dei fiumi.

Mai domo delle tue fragranze,
ho colto i tuoi baci languidi
ed il battito stilla dal mio cuore.

Stupito, bramo il disgelo
e seduco il tempo, affinchè non voli via.

Ho messo le ali
ed i tuoi occhi sono il cielo
nel quale librarmi in eterno.

lunedì 28 settembre 2009

PLATONE E I RIMEDI CONTRO IL SINGHIOZZO

"Erissimaco, sarà meglio che tu mi faccia passare questo singhiozzo, o che parli al mio posto fino a quando me ne sarò liberato..
"Farò tutte e due le cose, rispose Erissimaco, prenderò il tuo posto nel parlare.. ma mentre parlerò io, tu devi trattenere a lungo il respiro, aspettando che ti passi. Se non succede, fai dei gargarismi con l'acqua. Se poi non vuol decidersi a passare, prendi qualcosa che ti faccia pizzicare il naso, starnutisci e, quando l'avrai fatto una o due volte, per testardo che possa essere, si deciderà a passare!" (Platone, da "Simposio")

ECCO DA DOVE DERIVANO I RIMEDI CONTRO IL SINGHIOZZO...! ANCHE QUESTO CI INSEGNANO I FILOSOFI...!!

martedì 22 settembre 2009

LUCIANO E LA VITA STRESSANTE DI ERMES

"...Io solo a faticare e a farmi in quattro tra tanti servizi? Fin dall'alba bisogna che sia in piedi a spazzare la sala del festino, a rifare il divano e a mettere in ordine ogni cosa; poi devo stare a disposizione di Zeus e portare i suoi messaggi facendo il fattorino su e giù, ritornare e, ancora impolverato, servire a tavola l'ambrosia. E prima che arrivasse questo coppiere.. anche il nettare mescevo. E quel che è peggio, io sono il solo che neppure di notte può dormire, ma anche allora mi tocca condurre le anime a Plutone, far da guida ai morti e assistere al giudizio. Perchè non mi bastano i lavori del giorno: stare nelle palestre, far l'araldo alle assemblee, preparare gli oratori; no, devo anche sdoppiarmi per sbrigare le faccende dei morti..."
(Luciano, da "Dialoghi degli dèi ")

GUY DE MAUPASSANT E GLI INCONTRI RAVVICINATI... DEL TERZO TIPO

"Le stelle sullo sfondo del cielo nero scintillavano tremolanti. Chi abita quei mondi? Quali forme, quali esseri viventi, quali animali, quali piante si trovano laggiù? Quelli che pensano in quegli universi lontani, che cosa sanno più di noi? Che cosa possono più di noi? Che cosa vedono che noi non conosciamo? Uno di loro, un giorno o l'altro, attraversando lo spazio, apparirà sulla nostra terra per conquistarla, come un tempo i Normanni attraversavano il mare per sottomettere popoli più deboli.
Siamo talmente invalidi, talmente disarmati, talmente ignoranti, talmente piccoli, noialtri, su questo granello di fango che gira diluito in una goccia d'acqua!"
(Guy de Maupassant, tratto dal racconto "Le Horla II")

SE LO SONO CHIESTO IN TANTI, IO CI CREDO CHE IN TUTTO L'UNIVERSO NON SIAMO SOLI, E VOI?

domenica 20 settembre 2009

GIUSEPPE PARINI: LE NOZZE

"E' pur dolce in sui begli anni
De la calda età novella
Lo sposar vaga donzella
Che d'amor già ne ferì.
In quel giorno i primi affanni
Ci ritornano a pensiere:
E maggior nasce il piacere
Da la pena che fuggì.

Quando il sole in mar declina
Palpitare il cor si sente:
Gran tumulto è ne la mente:
Gran desio negli occhi appar.
Quando sorge la mattina
A destar l'aura amorosa,
Il bel volto de la sposa
Si comincia a contemplar.

Bel vederla in su le piume
Riposarsi al nostro fianco,
L'un dè bracci nudo e bianco
Distendendo in sul guancial:
E il bel crine oltra il costume
Scorrer libero e negletto;
E velarle il giovin petto,
Ch'or discende or alto sal.

Bel veder de le sue gote
Sul vivissimo colore
Splender limpido madore,
Onde il sonno le spruzzò:
Come rose ancora ignote
Sovra cui minuta cada
La freschissima rugiada
Che l'aurora distillò.

Bel vederla all'improvviso
I bei lumi aprire al giorno;
E cercar lo sposo intorno,
Di trovarlo incerta ancor:
E po schiudere il sorriso
E le molli parolette
Fra le grazie ingenue e schiette
De la brama e del pudor.

O garzone, amabil figlio
Di famosi e grandi eroi
Sul fiorir degli anni tuoi
Questa sorte a te verrà.
Tu domane aprendo il ciglio
Mirerai fra i lieti lari
Un tesor, che non ha pari
E di grazia e di beltà.

Ma oimè, come fugace
Se ne va l'età più fresca,
E con lei quel che ne adesca
Fior sì tenero e gentil!
Come presto a quel che piace
L'uso toglie il pregio e il vanto;
E dileguasi l'incanto
De la voglia giovanil!

Te beato in fra gli amanti,
Che vedrai fra i lieti lari
Un tesor,che non ha pari
Di bellezza e di virtù!
La virtù guida costanti
A la tomba i casti amori,
Poi che il tempo invola i fiori
De la cara gioventù.

A TUTTI COLORO CHE SI PREPARANO ALLE NOZZE. OCCHIO PERO' ALLA PENULTIMA STROFA.. CERTE COSE SI SONO SEMPRE SAPUTE...

giovedì 17 settembre 2009

PATRICK SUSKIND E IL "PUZZO" PERSISTENTE

"... Al tempo di cui parliamo, nella città regnava un puzzo a stento immaginabile per noi moderni. Le strade puzzavano di letame, i cortili interni di orina, le trombe delle scale di legno marcio e di sterco di ratti, le cucine di cavolo andato a male e di grasso di montone; le stanze non aerate puzzavano di polvere stantia, le camere da letto di lenzuola bisunte, dell'umido dei piumini e dell'odore pungente e dolciastro di vasi da notte. Dai camini veniva puzzo di zolfo, dalle concerie veniva il puzzo dei solventi, dai macelli puzzo di sangue rappreso. La gente puzzava di sudore e di vestiti non lavati; dalle bocche veniva un puzzo di denti guasti, dagli stomaci un puzzo di cipolla e dai corpi, quando non erano più tanto giovani, veniva un puzzo di formaggio vecchio e latte acido e malattie tumorali. Puzzavano i fiumi, puzzavano le piazze, puzzavano le chiese, c'era un puzzo sotto i ponti e nei palazzi. Il contadino puzzava come il prete, l'apprendista come la moglie del maestro, puzzava tutta la nobiltà, perfino il re puzzava, puzzava come un animale feroce, e la regina come una vecchia capra, sia d'estate sia d'inverno. Infatti nel diciottesimo secolo non era stato ancora posto alcun limite all'azione disgregante dei batteri, e così non v'era attività umana, sia cotruttiva che distruttiva, o manifestazione di vita in ascesa o in declino, che non fosse accompagnata dal puzzo..." (Patrick Suskind, da: "Il Profumo")

martedì 15 settembre 2009

ORAZIO E L'IMMORTALITA' DEL POETA

"Ho levato un ricordo che ha più vita del bronzo,
più alto del regale riposo delle piramidi:
e non lo distruggerà la pioggia
che consuma, il folle vento, l'eterna
catena degli anni, la fuga del tempo.
Non sarà vera fine:
molto di me si salverà da morte..." (Orazio, tratto da: "Odi ed Epodi")

Quanto sono belli questi versi di Orazio.
E sebbene la poesia oggi sia un pò inflazionata, il pensiero che in qualche modo si possa conservare così a lungo nel tempo, illude e incoraggia a comporre per mettere su carta i propri pensieri e le proprie ispirazioni, sperando appunto che " molto si salverà da morte..."
La poesia vivrà per sempre e con essa e per essa ogni respiro della mia anima..

domenica 13 settembre 2009

STRIDE LA VITA

Adesso stride la vita
mentre svanisce l'estate,
ora si assiepano nubi.

Oggi, colgo nostalgia
dal mio giardino di stelle
O seme brami la luce?

Tramuta l'essenza del fiore:
non più petali ma esili corone.

Ero il presente,
sarò il passato.

Ho le ali in frantumi.

venerdì 11 settembre 2009

SOEREN KIERKEGAARD E LA CONTRAPPOSIZIONE DI SIMULAZIONE E BRAMA IN AMORE

"... Persiste dunque il principio strategico, che è legge di ogni mossa in questo combattimento, di venire in contatto con lei sempre in una situazione interessante. L'interessante è dunque il terreno sul quale deve essere data battaglia, è necessario esaurire tutte le risorse dell'interessante. Se non vado errato, la sua stessa natura è calcolata in modo che ciò che io desidero è precisamente ciò che ella offre, sì, ciò che anche ella desidera. Bisogna quindi considerare quel che l'individuo può dare e quel che di conseguenza può pretendere. Per questa ragione le mie avventure d'amore conservano sempre una realtà per me, costituiscono un momento di vita, un periodo di formazione la cui esperienza avevo già stabilito di tentare in precedenza e a cui sovente si ricollega l'una o l'altra perfezione. Imparai a ballare a causa della prima fanciulla che amai, imparai il francese a causa di una ballerinetta. Allora andavo al mercato come tutti i gonzi, rimanendone spesso gabbato. Oggi sono io che pongo la prima offerta. Forse frattanto ella ha esaurito un lato dell'interessante, la sua vita tutta solitaria ce lo farebbe supporre. Vale dunque la pena di trovare un altro lato che a prima vista non le sembri interessante ma che appunto per ciò lo divenga in seguito. A tal fine non scelgo il Poetico ma il Prosaico. Così s'incomincia. Prima viene neutralizzata la sua femminilità mediante prosaica intelligenza e ironia, non direttamente ma indirettamente e per mezzo del neutrale assoluto: lo spirito. Ella quasi perde innanzi a se stessa la propria femminilità, ma in tale condizione non può rimanere sola e finisce col cadermi tra le braccia, non come se fossi amante no, ma ancora, diremo, neutrale; quindi la sua femminilità si risveglia e viene spinta fino al massimo della tensione per poi farla urtare contro questa o quella autorità effettiva. Ella la supera, la sua femminilità raggiungerà altezze sovrumane ed ella mi apparterrà con una passione universale...
...Voglio sperare che presto l'avrò indotta al punto di odiarmi...D'uno scapolo impenitente si può anche ridere.. ma un giovanotto, che pure non è privo di spirito, con un simile contegno non fa che turbare una ragazza: tutta l'importanza, la bellezza e la poesia del sesso di lei vengono infatti in tal modo annullate....
...Così i giorni trascorrono e io la vedo ma non le parlo... Ma la notte, talvolta il desiderio di dare sfogo al mio amore m'incalza. Allora, avvolto nel mio mantello, il berretto calato sugli occhi, mi reco sotto la sua finestra... In queste ore della notte vago come uno spirito lì intorno... In quegli istanti dimentico ogni cosa, nessun piano ho più, nè calcoli; getto lontano la ragione, mentre profondi gemiti, un'emozione intensa, m'allargano e fortificano il petto e non avverto più l'urgenza di lasciar guidare il mio contegno dalla sistematicità. Altri sono virtuosi di giorno e peccatori di notte, io sono tutto simulazione di giorno e di notte sono tutto brama. Se ella mi vedesse là, se ella potesse vedere entro l'anima mia... se ella vedesse!"
(Soeren Kierkegaard, da: "Diario del seduttore")

giovedì 10 settembre 2009

SULLE TUE PORTE GIACE L'ETERNO

Indosserò la mia ombra,
mentre la notte distende silenziosa il suo manto.

Le parole come stelle
si spegneranno
nell'alveare dei miei giorni.

Non c'è grano in terra
o flusso di anime
che possa saziare il cielo.

Vano il rintocco di lontani domini,
vi si ritorce il sapore dei venti
mentre languono gelsomini
sui loro sospiri.

Si addensano nubi,
l'afa svanisce leggera,
di mille spasmi vibra la pioggia
di mille spasmi freme il mio corpo.

Non oserà l'autunno
intaccare la tua pelle,
ogni accesso al tuo corpo
sarà isola d'immenso.

Sulle tue porte giace l'eterno.

mercoledì 9 settembre 2009

PLAUTO E LE "BATTAGLIE" CONIUGALI

"...Se tu non fossi cattiva, stolta, arrogante e priva di cervello, ciò che non piace a tuo marito, non dovrebbe piacere a te. Da oggi in poi, se me ne fai un'altra, potrai tornare da tuo padre, senza marito. Ogni volta che voglio uscire mi trattieni, mi richiami, mi chiedi dove vado, che cosa faccio, che faccende sbrigo, che mi serve, che cosa porto a casa, che cosa porto via. Ho sposato l'esattore delle imposte. Di tutto devo render conto, del già fatto e del da fare. Ti ho male abituata. Ma ora agirò diversamente. Dal momento che ti dò servi e viveri, stoffe di lana, gioielli, vesti e porpore, tutto ciò che vuoi, e non ti manca nulla, se hai giudizio, non cercare ancora guai: smetterai, finalmente, di farmi la guardia. Anzi, per dare ricompensa al tuo spiarmi, mi porterò a cena fuori un'altra donna.... Grazie agli dei, a furia d'insolenze l'ho fatta ritirare dentro casa. Mariti galanti dove siete? Che aspettate a darmi un premio, a congratularvi con me? Ho combattuto bene la battaglia coniugale?...Si deve far così. Bisogna prenderla in giro, spiritosamente, questa spiona di Cerbero tutt'occhi..." (Plauto dal primo atto de "I gemelli di Siracusa")

domenica 6 settembre 2009

SUI VERSI DI WHITMAN

Ognuno di noi è un eroe nella vita di tutti i giorni. Eroi per lo più sconosciuti, ma di grande valore e forza d'animo e ove dovesse mancare quest'ultima la si può trovare come incoraggiamento anche tra le pagine di un libro come quello di Whitman che sto leggendo in questi giorni.
Ho intitolato lo stralcio tratto dal libro "Foglie d'erba", La marcia degli sconfitti. Trovo queste parole di grande conforto e iniezione di perenne fiducia per chiunque si trovi ad attraversare un momento difficile. Sarebbe bello appropriarsi degli insegnamenti degli Stoici e tenere duro contro gli urti della vita. Ma la realtà è diversa. La società di oggi (e forse quella di sempre) cerca i vincenti, la storia ci ha trasmesso spesso le imprese dei trionfatori di guerre e conquistatori di mondi. Capita così, tornando ai giorni nostri, che se hai una certa tranquillità economica e la ostenti magari un pò, gli amici ti ronzano intorno come api. Ma se per caso ti trovi in difficoltà e a volte ti senti un perdente, allora spariscono tutti, cambia l'atteggiamento verso il "fallito".
Allora ben venga la marcia di Whitman e le sue splendide parole. Onore ai perdenti, gloria ai falliti, lode agli eroi sconosciuti. Che se la forza sorge nei loro cuori, presto potranno diventare dei vincenti perchè l'umiltà dimostrata e tenuta come fida compagna di viaggio, potrà tramutarsi di certo in prolifico orgoglio, l'orgoglio dei vinti che trionferanno sulla vita e le sue difficoltà. Spero che questi versi possano anche in minima parte donare sostegno a chiunque si trovi in difficoltà in questo momento. Io ho attinto grato, in quanto gli avvenimenti degli ultimi tempi, (che hanno visto i "vincenti" del furto in casa appropriarsi di frammenti della mia vita), hanno messo a dura prova la mia forza morale.
Coraggio amici, coraggio, possiamo farcela!

WALT WHITMAN E LA MARCIA DEGLI SCONFITTI

"...Non suono una marcia soltanto per i vincitori, suono grandi marce per le persone vinte e cadute.
Avete udito che è bello vincere?
Ma io vi dico anche che è bello cadere - le battaglie si perdono con lo stesso spirito con cui si vincono.
Io batto trionfanti rulli di tamburi per i morti, soffio attraverso le mie emboucheres la mia musica più assordante e gaia per loro,
Urrà per coloro che hanno fallito! E per coloro le cui navi da guerra sono affondate in mare!
E per tutti i generali che hanno perso le loro battaglie! E per tutti gli eroi sopraffatti! E per tutti gli eroi sconosciuti, pari ai grandi eroi conosciuti!" (Walt Whitman, da: "Foglie d'erba")

lunedì 31 agosto 2009

LUNGO SENTIERI INCANTATI

“…Osservare come questa regione, in tutti i particolari interessante, si sprofondava a poco a poco nelle tenebre, è stato spettacolo di una bellezza indicibile… (Goethe, da “Viaggio in Italia”)
Ho navigato lungo i sogni che i paesaggi incantevoli dell’antica Trinacria mi hanno donato. Ho colto ogni singola emozione che sorgeva dai suoi tramonti. Ho mostrato la mia terra a chi la conosceva poco. Con forza ho desiderato far vedere tutto ciò che di bello e incontaminato la natura regala. Ho cercato di coprire le piaghe, le crepe malefiche di questa terra, invogliando a guardare lontano e a non soffermare lo sguardo sui rifiuti che si ergevano fetidi tra scogli e su rive un tempo incantate. Ho minimizzato il furto della mia macchina avvenuto in quei giorni; e ironizzato sull’avventarsi dei posteggiatori abusivi. Oltre questo però ho riammirato e riamato i sussurri dei suoi mari. Tra Tirreno Ionio e Mediterraneo, immerso i miei pensieri in limpide acque. Mi sono stupito ancora una volta davanti i teatri antichi e i parchi archeologici, commosso davanti al tempio di Atena inglobato nel duomo. Nuvole e tramonti si stagliavano maestosi davanti alla mia debolezza, le impalcature dei miei problemi crollavano pavide dinanzi a tale splendore. Avrei voluto divenire eremita e richiudermi in luoghi solitari pregni di storia e dedizione.
“…Salito sul ponte, io guardai al firmamento cristallino e vidi una bianca curva seguirlo fino a un punto che sembrò lo Zenit. Allora chiesi che fosse mai quello che gli occhi scoprivano. Mi fu risposto: ‘E’ l’elevazione dell’Etna che si inarca per adattarsi alla curva del cielo’. Illusione? Realtà? Posso solo dire che non mai più dimenticato quella straordinaria visione” (B. Berenson da “Viaggio in Sicilia”)
L’Etna ci ha regalato splendidi colori e terribili temporali. Correre lungo i suoi crateri con i tuoni che facevano tremare il cielo è stata un’emozione unica. Immaginavo tremende eruzioni e lapilli che sfrecciavano in alto soffiati via da Tifeo, sempre infuriato. Il Mongibello, così spavaldo e sornione, ma così terribile e beffardo, ero briciola nell’universo a confronto. Pochi tratti di strada e la montagna diveniva mare ove le fitte trame del sole riflettevano cristalline speranze. Ho inspirato il vuoto ed il cielo, i fiori e la salsedine. Ho chiuso gli occhi e lasciato correre fremiti lungo la mia anima. Un’estate ricca di visioni. Alba e tramonto, storia e cultura hanno attraversato la calura dei sensi. Picchiava il sole sui desideri e la brama di acqua pura veniva sedata alla limpida fonte di Noto Antica. I sapori esordivano leggeri per esplodere nel palato e nell’anima, gli zuccheri lenivano, la frescura liberava sorrisi. Mentre lunghe passeggiate e impervie scalate accompagnavano la meraviglia della scoperta. Il desiderio di restare d’incanto anche solo per un attimo di fronte le magie di questa natura selvaggia e sublime. Ho vagato esule tra le tue vanità, cercando tesori e illusioni. Terra di nostalgia e ricordi lontani, terra sinuosa e splendente come le splendide dee che in te sospirano sotto i miei occhi. Ingannevoli danze, incorporee illusioni, fremiti d’estasi effimera e densa. Terra di musiche intense e uniche che scandiscono note sulla nascita del crepuscolo errante. Ho colto i diaframmi della tua esistenza, quando ero via mi mancavi terribilmente: spiegami perché. Adesso che sono qui a volte ti odio e a volte ti amo con tutto me stesso, con tutti i respiri che mi appartengono e tutta la vita che finora ti ho dato. Perché ti amo così tanto, dimmi dunque mia splendida terra, perché? Sei aculeo dorato, sei magica spina, frusta che carezza, sei immenso ed eterno ed io ti vivo, si ti vivo bevendo ogni tuo singolo sospiro. E’ nulla la mia parola, è nulla il mio pensiero e la mia commozione. Tutto ti è schiavo: ti appartiene l’orgoglio e con esso ogni mia singola emozione è per te e su di te sorge e spira. Sorge e spira, adesso, domani e sempre.
E quel gettarmi alla terra, quel gridare alto il nome nel silenzio, era dolcezza di sentirmi vivo” (S. Quasimodo)

giovedì 27 agosto 2009

SENZA ALI

Non ho ali quassù,
potessi averne
varcherei la soglia dell'infinito.
Lungo i confini del cielo,
la fiammeggiante linea
brandiva languide tinte.

Tra nubi e tramonto
precipitava l'immenso,
sorgevano isole dalle tirrene sponde.
O Eolo, Imperatore dei venti:
che tributo,
che splendore,
esse emanavano supplici.

Si stagliavano alberi
dall'immane pendìo
ed il suono dell'aria
evocava incanti.

Confuso da tale splendore,
ammiravo esule
la maestosità del mondo,
del mio mondo.

Il crepuscolo era una fonte,
ed io bevevo incerto
l'eternità del gesto.

lunedì 24 agosto 2009

OMERO E I TROIANI PRONTI ALLA GUERRA

...Come quando le stelle nel cielo, intorno alla luna che splende, appaiono in pieno fulgore, mentre l’aria è senza vento; e si profilano tutte le rupi e le cime dei colli e le valli; e uno spazio immenso si apre sotto la volta del cielo, e si vedono tutte le stelle, e gioisce il pastore in cuor suo: tanti falò splendevano tra le navi e il letto di Xanto, quando i troiani accesero i fuochi davanti alle mura di Ilio. Mille fuochi bruciavano dunque sulla pianura, e accanto a ciascuno cinquanta guerrieri sedevano alla vampa del fuoco splendente. I cavalli, brucando l’orzo bianco e la spelta, fermi vicini ai carri, aspettavano Aurora dallo splendido trono.
(Omero, Iliade)

sabato 22 agosto 2009

LUIGI PIRANDELLO E IL MORTALE FIORE IN BOCCA

…Se la morte, signor mio, fosse come uno di quegli insetti strani, schifosi, che qualcuno ci scopre addosso…Lei passa per via; un altro passante, all’improvviso lo ferma, e, cauto con due dita protese le dice “Scusi, permette? Lei, egregio signore, ci ha la morte addosso” E con quelle due dita protese la piglia e butta via…Sarebbe magnifica. Ma la morte non è come uno di quegli insetti schifosi. Tanti che passeggiano disinvolti, forse ce l’hanno addosso; nessuno la vede; ed essi pensano quieti e tranquilli a ciò che faranno domani e doman l’altro. Ora io, caro signore, ecco…(si alzerà) venga qua… qua sotto questo lampione… venga… le faccio vedere una cosa… Guardi qua, sotto questo baffo… qua, vede che bel tubero violaceo? Sa come si chiama questo?
Ah un nome dolcissimo… più dolce di una caramella: - Epitelioma, si chiama. Pronunzii, sentirà che dolcezza: epitelioma… la morte, capisce? È passata. M’ha ficcato questo fiore in bocca, e m’ha detto Tientelo, caro: ripasserò fra otto o dieci mesi!
...Ora mi dica lei, se con questo fiore in bocca, io me ne posso stare a casa tranquillo e quieto… A casa io non ci sto... Perché, lei capisce, se mi si fa un momento di vuoto dentro… lei lo capisce, posso anche ammazzare come niente tutta la vita in uno che non conosco…cavare la rivoltella e ammazzare uno che come lei, per disgrazia, abbia perduto il treno… (riderà) No, non tema caro signore: io scherzo! Me ne vado. (pausa) Ammazzerei me, se mai…
Mi faccia un piacere domattina, quando arriverà. Mi figuro che il paesello disterà poco dalla stazione. All’alba lei può fare la strada a piedi. Il primo cespuglietto d’erba sulla proda. Ne conti i fili per me . Quanti fili saranno, tanti giorni ancora io vivrò.
(Stralci, tratti da: "L'uomo dal fiore in bocca" di Luigi Pirandello)

mercoledì 19 agosto 2009

SOLO IL CARDO E' IN FIORE

Gonfiati di vino: già l'astro
che segna l'estate dal giro
celeste ritorna,
tutto è arso di sete,
e l'aria fumica per la calura.

Acuta tra le foglie degli alberi
la dolce cicala di sotto le ali
fitto vibra il suo canto, quando
il sole a picco sgretola la terra.

Solo il cardo è in fiore:
le femmine hanno avido il sesso,
i maschi poco vigore, ora che Sirio
il capo dissecca e le ginocchia.

(Alceo, Lirici Greci)

domenica 16 agosto 2009

OVIDIO E I CONSIGLI PER DIVENTARE BUONI CORTEGGIATORI

"...Prima di tutto ficcati bene in testa l'idea che non c'è una donna che tu non possa avere: per questo basta disporre le reti. Gli uccelli non canteranno a primavera, d'estate taceran le cicale, prima che una ragazza dolcemente tentata da un giovane lo rifuti. Persino chi penseresti non volerne sapere lo desidera, e come!... C'è chi si da e chi si nega, a tutte piace comunque essere corteggiate: anche fossi respinto non è un danno. E perchè dovresti essere respinto quando un piacere nuovo è gradito e più piace quello che è sconosciuto di quello che si ha?
... Quel che lei chiede teme, quel che non chiede desidera, cioè che tu insista, inseguila, tra poco vincerai.
...Gli uomini devon piacere solo per pulizia e proprietà: i corpi siano abbronzati, la toga si adatti ai movimenti e sia priva di macchie. La lingua non sia indurita, i denti non abbian tartaro, i piedi non arranchino in scarpe troppo larghe, un taglio fatto male non sfiguri la chioma facendola star dritta, una mano sicura abbia accudito a barba e capelli, le unghie non siano sporche e piene di spunzoni, dal cavo delle narici non sporga neanche un pelo, non esca fiato cattivo da bocca maleodorante... (Ovidio, da: "L'Arte di amare")

venerdì 14 agosto 2009

FEDOR M. DOSTOEVSKIJ E IL SENSO DI "ONNIPOTENZA" DEGLI IMPIEGATI

"...E' un pezzo che vivo così: saranno vent'anni. Ora ne ho quaranta. Prima ero impiegato, adesso non lavoro più. Ero un pessimo impiegato. Ero sgarbato e ci provavo gusto. Dal momento che bustarelle non ne prendevo, dovevo pur ricompensarmi in qualche modo. Quando si avvicinavano al mio tavolo i postulanti per avere informazioni, io digrignavo i denti e provavo una delizia incolmabile quando riuscivo ad amareggiare qualcuno..."
(Fedor M. Dostoevskij, da "Memorie dal sottosuolo")

HO SEMPRE PENSATO CHE GLI IMPIEGATI SCORTESI RAGIONINO ALLO STESSO MODO...

mercoledì 12 agosto 2009

LUCREZIO E L'INVOCAZIONE A VENERE DELLA PACE

"...Solo tu puoi donare a questa specie mortale un tempo di pace e tranquillità. E' Marte che regge le crudeli battaglie: lui ama spesso tornare al tuo grembo accogliente, a sua volta colpito dalla ferita d'amore. Col capo reclino ti guarda pascendosi con desiderio della bellissima immagine e ti carpisce sul labbro il leggero ansimare. Quando poi si abbandona, ti prego stringiti a lui tienilo stretto ed implora, col tuo parlare soave, perchè conceda ai Romani una stagione di pace: in tempi così tormentati per il nostro paese, non riuscirei ad assolvere il compito al quale mi accingo..." (Lucrezio, De Rerum Natura)

FATE L'AMORE, NON FATE LA GUERRA!

lunedì 10 agosto 2009

UGO FOSCOLO E I TRAVOLGENTI EFFETTI DI UN BACIO SECONDO JACOPO ORTIS

..."Sì; ho baciato Teresa; i fiori e le piante esalavano in quel momento un odore soave; le aure erano tutte in armonia; i rivi risuonavano da lontano; e tutte le cose s'abbellivano allo splendore della Luna che era tutta piena della luce infinita della Divinità. Gli elementi e gli esseri esultavano nella gioja di due cuori ebbri d'amore - ho baciata e ribaciata quella mano - e Teresa mi abbracciava tutta tremante, e trasfondea i suoi sospiri nella mia bocca, e il suo cuore palpitava su questo petto: mirandomi cò suoi grandi occhi languenti, mi baciava, e le sue labbra umide, socchiuse mormoravano su le mie..." (Ugo Foscolo, da "Ultime lettere di Jacopo Ortis")

sabato 8 agosto 2009

RAY BRADBURY E LA "BIBLIOTECA DENTRO" DEGLI UOMINI-LIBRO

"...Ognuno aveva un libro che voleva ricordare e che ha ricordato. Quindi, per un periodo di circa vent'anni, ci siamo incontrati, durante le nostre peregrinazioni, connettendo così la nostra amplissima ed elastica rete e gettando le basi di un piano. La cosa più importante che abbiamo dovuto piantarci duramente in testa fu che noi non contavamo, non eravamo importanti, non dovevamo considerarci e non dovevamo essere dei maestri: non dovevamo sentirci superiori a nessuno al mondo. Non siamo che sopracoperte di volumi, privi d'ogni altra importanza che non sia quella d'impedire alla polvere di seppellire i volumi. Alcuni dei nostri vivono in piccole città, in paesi e villaggi: il Capitolo primo, il Walden di Thoreau, abita a Green River, il Capitolo secondo a Willow Farm, Maine; diamine, c'è un paesino nel Maryland, con soltanto ventisette abitanti, nessuna bomba colpirà mai quel villaggio, che rappresenta la raccolta completa dei Saggi di un uomo chiamato Bertrand Russell. E quando la guerra sarà finita, uno di questi giorni, o uno di questi anni, si potranno riscrivere i libri, e la gente sarà chiamata, le persone verranno a una a una a recitare quello che sanno e noi ristamperemo ogni cosa, fino a quando le tenebre di un nuovo Medio Evo non ci costringeranno a ricominciare tutto da capo. Ma questa è la cosa meravigliosa dell'uomo: che non si scoraggia mai, l'uomo, o non si disgusta mai fino al punto di rinunciare a rifar tutto da capo, perchè sa, l'uomo, quanto tutto ciò sia importante e quanto valga la pena di essere fatto." (Ray Bradbury, da "Fahrenheit 451")

NONOSTANTE LA TECNOLOGIA, IL LIBRO NON SPARIRA' MAI

venerdì 7 agosto 2009

RUDYARD KIPLING E LA DECIFRAZIONE DELLE LETTERE "OGGETTO"

"...Nessun inglese dovrebbe essere in grado di tradurre lettere composte di oggetti. Ma Trejago sparse tutte quelle carabattole sul coperchio della valigetta da ufficio e iniziò a decifrarne il significato. Un braccialetto di vetro rotto indica, in tutta l'India, una vedova indù; poichè quando muore il marito, alla donna vengono infranti i braccialetti ai polsi. Così Trejago chiarì il significato dei frammenti di vetro. Il fiore di dhak può significare cose diverse - desiderio, vieni, scrivi o pericolo - a seconda degli oggetti che l'accompagnano. Un seme di cardamomo significa gelosia; ma quando, in una lettera di questo genere, un oggetto è duplicato, perde il suo significato simbolico e dà semplicemente un'indicazione di tempo, o, se accompagnato da incenso, giuncata o zafferano, di luogo. Il messaggio dunque diceva: Una vedova - fiore di dhak e bhusa - alle undici. Il pizzico di bhusa illuminò Trejago. Egli capì - questo tipo di lettera lascia molto all'intuito - che la bhusa si riferiva al grosso mucchio di foraggio sul quale era caduto nel vicolo di Amir Nath, e che il messaggio doveva venire dalla persona nascosta dietro la grata; che era una vedova. Quindi il messaggio diceva: Una vedova, nel vicolo dove c'è il mucchio di bhusa, desidera che tu venga alle undici. Trejago gettò tutte quelle cianfrusaglie nel camino e rise. Sapeva che in Oriente gli uomini non fanno l'amore sotto le finestre alle undici di mattina, nè le donne fissano gli appuntamenti con una settimana di anticipo. Così quella sera stessa alle undici, si recò nel vicolo di Amir Nath avvolto in una boorka..." (Rudyard Kipling, dal racconto: "Oltre ogni limite")

A TUTTI COLORO CHE PARTECIPARONO ALLO SPETTACOLO DEL FEBBRAIO 2008 A L'AQUILA E A TUTTI GLI AQUILANI CHE NE DECRETARONO IL SUCCESSO: SIETE SEMPRE NEL MIO CUORE!

mercoledì 5 agosto 2009

PETRONIO ARBITRO E "L'OROSCOPO" DI TRIMALCHIONE

"...Questo cielo nel quale abitano dodici dèi, si trasforma in altrettante figurazioni; e prima di tutto diventa Ariete. Quelli che nascono sotto questo segno possiedono molte greggi e molta lana, hanno la testa dura, la fronte spavalda e le corna acute, che non è facile rompergliele. Nascono nell'Ariete la maggior parte dei pedanti e dei ciarlatani...Poi tutto il cielo si cambia in Toro. Allora nascono i recalcitranti, i bovari e quelli che amano rimpinzarsi per bene. Nel segno dei Gemelli, poi, nascono le bighe, i buoi, i coglioni e quelli che tengono in piedi due staffe. Sotto il Cancro sono nato io: per questo mi reggo su molti piedi e possiedo enormi beni in mare e in terra, perché questo animale si adatta all'uno e all'altro elemento... Sotto il Leone nascono i mangioni e gli autoritari; nel segno della Vergine, le donnicciole, gli schiavi fuggitivi e gli scalognati. Sotto la Libra (la Bilancia), i beccai, i profumieri e quelli che si danno al commercio; sotto lo Scorpione, gli avvelenatori e gli assassini. Nascono nel Sagittario quegli occhitorti che guardano i legumi e intanto ti fregano il lardo; nel Capricorno, quei poveri diavoli dalle abbondanti disgrazie domestiche e dalla fronte ramificata; nell'Acquario, gli osti e le zucche; nei Pesci i cuochi e i retori..."

UN'UNICA ANIMA

Emozione tribale all'unisono. Ritmo, danza, reggae. Sono le culture che interagiscono che fremono di mille strumenti e battono sui sensi. E' un fiume fratelli africani il vostro suono, è una piena irrefrenabile. Uniti poi alle armonie di chitarre sicule, destate la notte coi vostri ritmi. Impossibile non lasciarsi andare al ballo, è musica che entra dentro e scuote ogni singola cellula del mio essere. Siamo vicini, ma a volte così distanti.. Quale tremendo viaggio vi ha deposto su queste sponde, quale ignobile essere ha lucrato su di voi.
"Lasciatemi uscire dalla terra germogliare e fiorire, che i miei frutti maturi possano nutrire la fame del mondo, lasciate che mi apra al soffio dei quattro venti, che gonfi la mia veste nera stendardo di PACE" (Fatou Ndiaye Sow)
Ogni lingua segue la stessa direzione, ogni arte espleta la sua forma, in qualsiasi continente sorga. E stasera l'arte e la musica di due regioni si sono unite per sbeffeggiare la luna e rinvigorir le stelle. Jambè, ulula il tuo sordo latrato, grida la vendetta del tuo popolo, canta sorde sinfonie di libertà perenne e sempre anelata. O silenziose Parche, tessete il filo della fratellanza, che leghi la pace alla vita di ognuno, che unisca la cute di diverso colore, perchè tanto l'anima è unica per tutti, e non ha tinta.
"Qui siamo poeti nutriti a colpi di sogni e canti" (Pape Faye)
Siete poeti musicisti, amici e grandi uomini. I vostri sorrisi e la vostra voce che tremava nel canto è ovazione di istinti. Una girandola di colori si muoveva leggiadra passeggiando sulle note, mentre noi scandivamo parole ignote, cantando enigmi. Ma non importa, le nostre voci tra sofferenza e riscatto fluiranno ancora integre e indivisibili lungo gli argini dell'imperioso tempo.
"Sono come lo spirito e la carne del mio popolo ho solo tradotto le parole del suo cuore, ho solo descritto le stagioni del suo corpo, perchè ho voluto che il mio poema fosse come la manciata di cibo quotidiano che sostiene la speranza e mantiene in vita." (Marouba Fall)

lunedì 3 agosto 2009

LUDOVICO EINAUDI E IL MISTERO DEI BIGLIETTI SCOMPARSI

Desidero spendere alcune parole su una serie di eventi incresciosi, testimonianza di cattiva organizzazione, accaduti ieri ad un concerto del pianista Ludovico Einaudi.
Innanzitutto una segnalazione negativa riguardo alla pubblicità di tale evento. Lo stesso difatti era segnalato solo sul programma dell'evento Etnafest 2009, ma nessun cartellone pubblicizzava a dovere una manifestazione di tale livello. Ma forse pochi addetti ai lavori sapevano davvero cosa significasse portare Einaudi a Catania. Tant'è che è stato scelto un posto non adeguato e una delle operatrici del botteghino ha detto allargando le braccia "Non si aspettava tutta questa gente per Einaudi.." No? Mi chiedo: ma sanno quanta importanza ha acquisito la musica di questo pianista a livello nazionale? Un'altra operatrice, probabilmente la responsabile, ci ha detto con delirio di onnipotenza intrinseco e con una vena di veleno che le si scorgeva su un sorriso di vittoria, che anche se restavano posti vuoti, non si poteva entrare perchè erano nominativi e che dalle sfere del potere aveva ricevuto disposizioni severissime. Peccato che la stessa poco tempo dopo abbia fatto entrare una o più amiche, che avevano ammesso candidamente di essere riuscite ad avere la possibilità di ingresso grazie ad alcune amicizie e raccomandazioni.
Certo io come altre persone conosciute in loco, avremmo dovuto essere più informate e su questo siamo d'accordo. Mi vergogno però di questa città e di questi avvenimenti. Mi chiedo cosa avrebbero potuto spiegare a dei turisti che andavano al botteghino e trovavano il tutto esaurito. Non pensando che i biglietti latitavano ormai da quasi due settimane e che lo stesso box office, non sapeva dove fossero!!
Allora chi li ha avuti questi biglietti? Tutti gli impiegati e tutti i parenti e gli amici degli amici? E tutti i famigerati accrediti, come sono stati spesi?
Forse quell'impiegato che si è avvicinato discretamente al botteghino e dopo una breve chiaccherata sottovoce si è avvicinato ad alcuni amici con quattro biglietti quasi nascosti, aveva utilizzato gli stessi accrediti?
Avrei potuto non scrivere nulla e accettare come ho fatto per altre situazioni tutto questo. In fondo ho appena aperto un'associazione culturale e dovrò lavorare su Catania. Il timore di ritorsioni a fronte di queste mie parole, non ha però fermato il desiderio di esporre questi fatti. Fatti interpretati sicuramente dal mio punto di vista, ma che mi hanno spinto a pormi la solita domanda: ho fatto bene a rientrare per sempre in Sicilia?
Maledetta e meravigliosa terra mia, maledetta e meravigliosa...

domenica 2 agosto 2009

ENMERKAR, I SUMERI E L'INVENZIONE DELLA SCRITTURA

"Il messaggero aveva la lingua pesante, non era capace di ripeterlo;
poichè il messaggero aveva la lingua pesante, e non era capace di ripeterlo,
il signore di Kullab [Uruk] impastò l'argilla e vi incise le parole come in una tavoletta;
- prima nessuno aveva mai inciso parole nell'argilla -,
ora, quando il dio Sole risplendette, ciò fu manifesto:
il signore di Kullab incise le parole come in una tavoletta, ed esse furono visibili.

...Enmerkar, il figlio de dio Utu, mi ha consegnato una tavoletta di argilla;
o Signore di Aratta, esamina la tavoletta, apprendi il cuore della sua parola;
ordinami ciò che debbo riferire riguardo al messaggio ricevuto...
...Il signore di Aratta, dall'araldo,
prese la tavoletta lavorata artisticamente;
il signore di Aratta scrutò la tavoletta:
- la parola detta ha forma di chiodo, la sua struttura trafigge -
il signore di Aratta scruta la tavoletta lavorata artisticamente.
(Scriba sumerico)

LA POTENZA DELLA PAROLA CHE TRAFIGGE COME CHIODO, DI TEMPO IN TEMPO...

sabato 1 agosto 2009

APULEIO E LA SCOPERTA DI PSICHE

"...Psiche allora, pur di per sè debole d'animo e di forze, con l'aiuto del fato crudele raccolse le sue energie, afferrò la lucerna, brandì il rasoio e agì con coraggio virile. Appena però il segreto del talamo venne rischiarato avvicinandovi il lume, ella vide il più mite e dolce di tutti gli animali, Cupido in persona, proprio il dio, bello, addormentato con grazia; alla sua vista, persino il lume della lucerna scintillò più forte per il piacere mentre brillava la sacrilega lama del rasoio. E Psiche fu piegata da quella visione, incapace di pensare, pallida, sfatta, sfinita e tremante: si lasciò cadere giù sulle ginocchia cercando sì di nascondere l'arma, ma nel suo petto. L'avrebbe certo fatto se la lama, temendo sì grave disgrazia, non le fosse balzata via dalle mani imprudenti. Ella era sfinita e senza forze, ma contemplando ripetutamente il bel volto divino si sentì rinascere. Guardò la bella chioma sul capo d'oro stillante d'ambrosia, il collo candido, le guance purpuree, le masse di capelli sparsi elegantemente annodati, pendenti alcuni sul davanti altri dietro. Nel loro troppo grande splendore balenavan tanto che il chiarore stesso della lucerna pareva fioco. Sulle spalle del dio che si sposta volando, le ali bianche splendevan come un fiore rugiadoso, e benché fossero in riposo l'estremità delle piume morbide e delicate palpitavano tremando e agitandosi senza posa; il resto del corpo era liscio e luminoso: Venere non ha davvero da pentirsi di aver generato un figlio così! Ai piedi del letto giacevan l'arco, la faretra e le frecce, le armi care al gran dio. (Apuleio, "Metamorfosi")

venerdì 31 luglio 2009

ERASMO DA ROTTERDAM E LA FOLLIA DEL POPOLO

"C'è un tale follemente innamorato di una ragazza che, tanto meno è ricambiato, tanto più si strugge d'amore. Un altro si invaghisce della dote, e non della sposa. Un altro ancora concede divolontà la moglie a un rivale. E un quarto è così geloso da curare la sua donna come il cane Argo. Quest'altro, pur essendo in lutto, ne dice e ne fa di tutti i colori! Ha pagato addirittura un gruppo di attori per recitare un degno compianto. Ec uno lagù, che piange disperato sulla tomba della matrigna. E quest'altro, che ingoia tutto ciò che può e quando ha terminato il suo pranzo ha di nuovo fame! C'è chi non fa che dormire e poltrire. E chi invece suda sette camicie per sbrigare il lavoro altrui e trascura il proprio. Alcuni si fanno prestare denaro per pagare i debiti e quando ce l'hanno in tasca si credono ricchi, ma si ritrovano a chiedere l'elemosina per pagare i creditori. Né mancano quelli che, pur essendo ricchi, vivono in miseria, per lasciare il patrimonio intatto agli eredi. C'è chi è disposto a traversare mari e monti in vista di un guadagno minimo e incerto, mettendo a repentaglio la propria vita, che nessuna somma potrebbe mai pagare. Altri preferiscono cercare fortuna in guerra piuttosto che starsene a casa tranquilli e pacifici. Alcuni ritengono che l'unico metodo infallibile per arricchirsi sia quello di entrare nelle grazie di vecchi benestanti senza figli; altri pensano che sia ancora meglio fare il cascamorto con qualche nonnetta riccastra...[...] Ci sono altri ancora che sono ricchi solo di desideri e speranze, fabbricano castelli in aria e si accontentano del sogno di essere felici. Ci sono quelli che provano gusto a farsi credere ricchi e in casa loro fanno la fame. C'è chi non si fa mancare nulla e scialacqua i suoi averi e chi ne accumula in tutti i modi leciti e illeciti. Molti si fanno coinvolgere in processi interminabili, dove le due parti in causa non fanno che arricchire il furbo avvocato e il giudice incerto. C'è chi propone continue innovazioni e chi partisce progetti colossali. Insomma... se voi, signori, poteste guardare il mondo dalla luna e vedere la confusione di uomini che regna quaggiù, vi sembrerebbe di osservare uno sciame di mosche o di zanzare intente a combattere, spiarsi, derubarsi, scherzare, folleggiare, nascere, cadere, morire. (Erasmo da Rotterdam, da: "Elogio della Follia")

PASSANO I SECOLI, MA CERTE COSE NON CAMBIANO MAI...

mercoledì 29 luglio 2009

EPICURO E L'IDEA DEL BENE

"Io non so in verità che idea farmi del bene, se ne tolgo i piaceri del gusto, se ne tolgo quelli della venere, se ne tolgo quelli dell'udito, se ne tolgo i piacevoli moti provocati dagli occhi dalle forme, e tutti gli altri piaceri di cui il corpo dell'uomo può godere con qualunque dei suoi sensi. Né certo si può dire che solo la letizia dell'anima sia da porre tra i beni. Perchè l'anima, per quel ch'io so, non si allieta se non nella speranza di tutte le cose che ho dette, e precisamente che la natura ne goda libera da dolore"
Epicuro (tratto da: "Lettere Morali")

domenica 26 luglio 2009

VERSI DI OMAR KHAYYA'M

Poi che null'altro che vacuo vento ci resta d'ogni cosa
ch'esiste,
Poi che difetto e sconfitta colgono al fine di ogni cosa,
Considera bene: ogni cosa che è, è in realtà nulla;
Medita bene: ogni cosa ch'è nulla, è in realtà tutto.

venerdì 24 luglio 2009

FRANZ KAFKA E I GRADINI DELLA VITA

"...Come? In questa vita breve, frettolosa, accompagnata da un rimbombo impaziente, scendere una scala? E' impossibile. Il tempo attrobuitoti è così breve che, se perdi un secondo, hai perduto già tutta la vita, perché essa non dura di più, dura sempre solo quanto il tempo che perdi. Se dunque hai imboccato una strada, prosegui, prosegui su quella, in tutti i casi puoi solo guadagnarne, non corri alcun rischio, forse precipiterai, ma se ti fossi voltato indietro già dopo i primi passi e fossi sceso giù per le scale, saresti precipitato dall'inizio, e non forse, ma certamente. Se dunque non trovi niente qui nei corridoi, apri le porte, se non trovi nulla lassù, non c'è problema, sali per nuove scale. Fin tanto che non smetti di salire, non finiscono i gradini, crescono verso l'alto sotto i tuoi piedi che salgono." (Franz Kafka, dal racconto: Difensori)

NON SMETTETE MAI DI SALIRE, AMICI, MAI!

martedì 21 luglio 2009

AMICIZIA EROTICA O AMORE?

"Gli era rimasta soltanto la paura delle donne. Le desiderava ma lo spaventavano. Tra la paura e il desiderio dovette crearsi una sorta di compromesso: lui lo indicava con le parole "amicizia erotica". Alle proprie amanti dichiarava: soltanto un rapporto non sentimentale, quando un partner non accampa pretese sulla vita e la libertà dell'altro, può portare la felicità ad entrambi." (Milan Kundera da: "L'insostenibile leggerezza dell'essere")
Lessi questo libro a quasi un anno dalla decisione di separarmi. E trovai geniale l'idea di chiamare i rapporti che intessevo proprio come il protagonista del libro: amicizie erotiche! I quasi due anni passati a L'Aquila furono intensi e indimenticabili!
Ma si può fermare il cuore? Si può riuscire a non innamorarsi? Dire che da tre anni io riesco a non innamorarmi seriamente potrebbe sembrare un vanto ma anche essere un grave handicap. Pesantezza e leggerezza della vita, anzi dell'amore.
"Suprema libertà è il bastare a se stessi" (Epicuro)
Essere riuscito a nutrire così tanto la mia anima di cultura, ha permesso di acquisire una grande ricchezza interiore grazie alla quale non mi annoio mai. Eppure il rapporto umano è ossigeno per me, ogni giorno semino conoscenze nuove. Alcune diventeranno fiori, altri resteranno semi, o peggio marciranno nel sottosuolo.
Non posso nascondere di aver amato intensamente nella mia vita, di aver provato tutte le gioie e i dolori che l'amore possa donare. Ma arriva un tempo in cui matura un'idea ben precisa di questo sentimento e di tutto ciò che porta. Non è pessimismo, semplicemente puro realismo che anche per un sognatore come me, porta ad amplificare l'importanza delle gioie donate a se stessi.
"Angelica e Tancredi passavano in quel momento davanti a loro...[...] Essi offrivano lo spettacolo più patetico di ogni altro, quello di due giovanissimi innamorati che ballano insieme, ciechi ai difetti reciproci, sordi agli ammonimenti del destino, illusi che tutto il cammino della vita sarà liscio come il pavimento del salone, attori ignari cui un regista fa recitare la parte di Giulietta e quella di Romeo nascondendo la cripta e il veleno, di già previsti nel copione. Nè l'uno ne l'altra erano buoni, ciascuno pieno di calcoli, gonfio di mire segrete; ma entrambi erano cari e commoventi mentre le loro non limpide ma ingenue ambizioni erano obliterate dalle parole di giocosa tenerezza che lui le mormorava all'orecchio, dal profumo dei capelli di lei, dalla reciproca stretta di quei loro corpi destinati a morire". (Tomasi di Lampedusa, da
"Il Gattopardo")
Mi colpì tantissimo questo pessimismo alquanto reale sull'amore e in fondo sulla vita. E' vero, siamo tutti destinati a morire, a diventare polvere, qualcuno può negarlo?
Eppure proprio per questo se l'amore arriva bisogna goderselo e viverselo fino in fondo. Anche se effimero e non eterno. Nulla è per sempre.
L'amore d'altronde ha portato avanti la vita e l'esistenza dell'essere umano. E' stata ed è tutt'ora la base per meravigliose storie scritte, cantate da tutti i più grandi poeti e scrittori della storia. Non è forse stato l'amore a scatenare la guerra di Troia? Ci vorrebbero milioni di pagine telematiche e cartacee per poterne scrivere, non basterebbero nemmeno tutte le stelle dell'universo per esprimere la luce che dona appena nasce. Gli amori tragici, impossibili, quelli non ricambiati, gli amori adulteri, quelli passeggeri, quelli sconvolgenti, quelli violenti, illusori, falsi e quelli per sempre: è un mutaforma l'amore. Una metamorfosi di sentimenti all'unisono, tutti convergono in esso e lo accrescono, lo recidono, lo immortalano. "Quando l'amore vi chiama seguitelo, sebbene le sue vie siano difficili ed erte, e quando vi avvolge con le sue ali cedetegli, anche se la lama nascosta tra le piume potrà ferirvi. Quando vi parla, credetegli, sebbene la sua voce possa frantumare i vostri sogni...Poichè mentre l'amore vi incorona, vi crocifigge. Mentre vi fa crescere, vi recide..." (Kahlil Gibran)

domenica 19 luglio 2009

UNA CASCATA DI LUMI

Crepitava insonne
il crepuscolo vespertino,
allorché vidi
fari di cielo precipitare:
una cascata di lumi
che brillava tacita
in grembo alla notte.

Sorta all'imbrunire,
scorreva libera
tra sponde di cielo,
distillando schegge di luna
lungo i detriti del tempo.

venerdì 17 luglio 2009

DI ZUCCHERO E MANDORLE

Stilla la notte
tra le arterie di questa città;
la brama di vita
si illumina a giorno
sui tavolini di un bar.

Dalla terra,
un frutto
produce delizie.

Tra le mani,
diviene gusto,
smarrimento di sensi.

E' un bacio disciolto
di zucchero e mandorle,
che scuote papille
e inebria l'attimo.

Svanisce l'afa,
il palato sospira
e libera atomi di seduzione.

Fresca estasi passeggera,
sublima,
l'aroma
di cremose illusioni.

Il Dolce e l'amaro
uniscano essenze,
l'evanescente fuga
divenga sapore perenne
di prelibate speranze.

giovedì 16 luglio 2009

KAHLIL GIBRAN E L'ETERNITA' DELLA BELLEZZA

"...Di notte, i guardiani della città dicono: "La bellezza sorgerà a oriente con l'aurora". E nel pieno meriggio operai e viandanti dicono: "L'abbiamo veduta sporgersi sulla terra dai davanzali del tramonto".
D'inverno gli uomini isolati tra le nevi raccontano: "Arriverà correndo con la primavera tra le colline".
E nell'afa dell'estate dicono i mietitori: "L'abbiamo vista danzare con le foglie dell'autunno, e aveva un soffio di neve tra i capelli".
Avete detto tutte queste cose della bellezza.
Ma in verità non avete detto di lei ma di desideri insoddisfatti,
E la bellezza non è un bisogno bensì un'estasi.
Non è una bocca assetata né una mano vuota protesa,
Bensì un cuore ardente e un'anima incantata.
Non è l'immagine che vorreste vedere e nemmeno la melodia che vorreste udire,
Bensì un'immagine che vedete pur serrando gli occhi e una melodia che ascoltate pur tappandovi le orecchie.
Non è la linfa sotto le rughe della corteccia né l'ala dell'artiglio,
E' piuttosto un giardino sempre in fiore, uno stormo di angeli sempre in volo.
[...] La bellezza è l'eternità che si guarda in uno specchio.
Ma voi siete l'eternità e voi siete lo specchio."
Kahlil Gibran (tratto da: Il Profeta)

VOLTAIRE E LA TRAGEDIA "RIVELATRICE" DEL BELLO

Domandate a un rospo che cos'è la bellezza, il vero bello, il to kalòn. Vi risponderà che è la sua femmina con due grossi occhi tondi che sporgono dalla testolina, un muso largo e piatto, un ventre giallo, un dorso bruno. Interrogate un negro della Guinea; il bello per lui è una pelle nera, grassa, occhi infossati, un naso schiacciato.
Interrogate il diavolo; vi dirà che il bello è un paio di corna, quattro grinfie e una coda. Consultate infine i filosofi, vi risponderanno con uno sproloquio; hanno bisogno di qualcosa che sia conforme all'archetipo del bello in se, al to kalòn.
Assistevo un giorno a una tragedia accanto a un filosofo. "Come è bella" diceva. "Che cosa ci trovate di bello?", gli chiesi. "E' che l'autore" disse "ha raggiunto il suo scopo", gli dissi "ecco una bella medicina!" Capì che non si può dire che una medicina sia bella, e che per dare a qualcosa il nome di bellezza, bisogna che essa ci susciti ammirazione e piacere. Convenne che quella tragedia gli aveva ispirato quei due sentimenti, e che in ciò stava il to kalòn, il bello.
Facemmo un viaggio in Inghilterra: vi si dava la stessa tragedia, perfettamente tradotta; essa fece sbadigliare tutti gli spettatori. "Toh" disse "il to kalòn non è lo stesso per gli Inglesi e per i Francesi." Dopo molte riflessioni, concluse che il bello è assai relativo, così come ciò che è decente in Giappone è indecente a Roma, e ciò che è di moda a Parigi non lo è a Pechino; e si risparmiò la fatica di comporre un lungo trattato sul bello.
Voltaire, pseudonimo di Francois - Marie Arouet (Tratto da: Dizionario Filosofico)

martedì 14 luglio 2009

MARINA di Arthur Rimbaud

I carri d'argento e di rame -
Le prue d'acciaio e d'argento -
Battono la schiuma, -
Sollevano i ceppi dei rovi.
Le correnti della landa,
E le carreggiate immense del riflusso,
Filano circolarmente verso est,
Verso i pilastri della foresta, -
Verso i fusti del molo,
Che turbini di luce investono in un angolo.

lunedì 13 luglio 2009

RAINER MARIA RILKE E LA SOLENNITA' DELLA SOLITUDINE

"...Ma pensato ho spesso a voi in questi giorni di festa e immaginato quanto tranquillo dovete essere nel vostro forte solitario tra i vuoti monti, su cui precipitano quei grandi venti meridionali, quasi volessero divorarli a gran pezzi.
Immenso deve essere il silenzio, in cui tali rumori e movimenti hanno spazio, e se si pensa che a tutto questo s'aggiunge ancora la presenza del remoto mare come sua voce, quasi fosse il più intimo tono in codesta preistorica armonia, vi si può solo augurare che lasciate operare in voi fiducioso e paziente la solenne solitudine, che non potrà più essere spogliata dalla vostra vita, che in tutto quello che vi attende da esperimentare e da compiere opererà come un influsso anonimo continua e sommessamente decisiva, quasi come in noi senza posa si muove sangue dei nostri avi e si compone col nostro nella cosa unica, irripetibile che noi siamo a ogni curva della nostra vita..."
Rainer Maria Rilke (Tratto da: Lettere a un giovane poeta)

domenica 12 luglio 2009

ARTHUR SCHOPENHAUER ED I "RIMEDI" CONTRO LA NOIA

La nostra esistenza è, per sua natura irrequieta: per questo la completa inattività ci diviene presto intollerabile in quanto comporta la più tremenda noia... Pertanto essere attivi, occuparsi di qualcosa, se è possibile fare, o almeno imparare qualcosa è indispensabile per la felicità dell'uomo: le sue forze esigono di essere adoperate, ed egli aspira a vedere l'esito di quell'impiego. Tuttavia la più grande soddisfazione a questo riguardo è data dal costruire qualcosa, dal realizzare - si tratti di un cesto o di un libro; che uno veda ogni giorno crescere tra le sue mani un'opera, fino a portarla a compimento, è una felicità che ci tocca nel profondo. E' l'effetto di un'opera d'arte, di uno scritto, persino di un semplice lavoro manuale; naturalmente più è elevato il genere dell'opera, tanto più profonda è la soddisfazione. Sotto questo aspetto i più felici sono gli uomini di genio, consapevoli come sono di poter produrre opere grandiose per concezione e densità di significati... Per questi uomini superiori la vita e il mondo, accanto agli interessi materiali, comuni a tutti, ne presentano un altro, più elevato, di natura formale, che contiene i motivi e i temi delle loro opere, nella cui ricerca essi sono assolutamente impegnati per tutta la vita, non appena le necessità personali lasciano loro un pò di respiro. Anche il loro intelletto è in certo modo duplice: uno, al pari di tutti gli altri, per le relazioni comuni, uno per la comprensione puramente oggettiva delle cose. Così essi vivono una vita duplice, sono al tempo stesso spettatori e attori...
In ogni caso ognuno dovrebbe avere un'occupazione conforme alle proprie capacità... Darsi da fare, lottare contro una resistenza, è un bisogno dell'uomo... Lo stato di quiete del totale appagamento, per effetto di un godimento durevole, gli sarebbe intollerabile. Il pieno godimento della sua esistenza consiste nel superare ostacoli...La felicità è data dalla lotta contro questi ostacoli, e dalla vittoria.
Arthur Schopenhauer (Tratto da: Aforismi sulla saggezza del vivere)

sabato 11 luglio 2009

LUDWIG VAN BEETHOVEN E L'EREDITA' DEI SENSI

"Ho deciso di errare lontano finchè non potrò volare nelle tue braccia..." (L. v. Beethoven)
Dipingo dal vivo, scrivo, sosto e ascolto. Queste non sono note, ma canti di cielo. Il genio, centoottanta anni dopo la sua morte e forse più, l’orchestra insieme di armonie. Sotto le stelle vola la musica, vola l’ingegno del quale io mi nutro. Oh quanta fame, divorerei tutta l’arte del mondo. Ma il tempo corre e posso solo cogliere ciò che arriva, ciò che stilla da ogni strumento, dal suolo alle nuvole. Vorrei non essere qui. E’ un salto nel tempo l’emozione di questa musica. A ritroso nella genialità. Tu divenisti sordo un giorno, ed in parte anche io, perché adesso non odo che quelle note, nonostante tutti i rumori della modernità. Nonostante all’aperto brusii inopportuni osino disturbare il coro di violini. Sembra che possano prendere vita anche le statue poste sull’imponenza del teatro, ogni singolo mattone sembra muoversi e vibrare, tanto le note carezzano la sua immane immobilità. Quale miscuglio: arrivano odori, si fondono al suono e impercettibili stimolano pulpiti e tremori. Ecco un fiore che dirige con piglio dinamico, un fiore a cui si inchinano steli d’erba soffiati dalla brezza estiva. Dimmi Ludwig, com’era il mondo ai tuoi tempi? Anche se presto ti si proibirono per natura dispettosa i fremiti del suono, dimmi, cosa vedevano i tuoi occhi da genio? Sapevi che saresti diventato leggenda, che avresti impresso la tua musica nell’infinito scorrere dei fiumi? Potessi bissare la gloria delle tue creazioni. Le mie mani non donano musica ma semplici parole, versi, e frasi che oggi si disperdono nel nero oceano globale. Quale effetto ha una parola, al cospetto di un violino, un oboe, o qualsiasi altro magico arnese? Se le parole fossero una pennellata che tinge i percorsi della musica, quale colore si segnerebbe sulla tela delle sensazioni? Il blu, il rosso o l’azzurro del mare? Una linea leggiadra, sinuosa, un tratto deciso e dolce, sarebbe. Una carezza di nobile mano, un bacio di soffici labbra, un morso da grancassa, il sussurro di un flauto. E’ un’estasi l’insieme dei suoni, è potenza all’unisono. Sono prati, fiori, orizzonti e crepuscoli di cromo. Sorge il sole, tramonta la luna.. Oh anche gli astri paiono danzare. E’ un ovazione dei sensi, un tripudio di fremiti, oltre le palpebre, dentro uno sguardo, basta sognare e tutto si tramuta, una sottile magia, una metamorfosi di sinfonie, ritmo di vita. Per scandire rintocchi d’immenso, si libra il pensiero aldilà della tacita notte. L’orchestra è uno sciame, uno stormo che precipita ad ali spiegate sulla scala dei suoni, svanendo come musica. Acclamino i brividi, si materializzi l’etere, si concretizzi il sogno: standing ovation o miei frammenti d’anima, ci si prepara all’eterno.
"Non dimenticatemi completamente quando sarò morto, me lo sono meritato perchè nella mia vita ho spesso pensato di rendervi felici, siatelo." (Ludwig van Beethoven)

venerdì 10 luglio 2009

GIACOMO LEOPARDI E IL "RIDER ALTO"

Dallo "Zibaldone" di Giacomo Leopardi:
"Ridete franco e forte, sopra qualunque cosa, anche innocentissima, con una o due persone, in un caffè, in una conversazione, in via: tutti quelli che vi sentiranno o vedranno rider così, vi rivolgeranno gli occhi, vi guarderanno con rispetto, se parlavano, taceranno, resteranno come mortificati, non ardiranno mai rider di voi, se prima vi guardavano baldanzosi o superbi, perderanno tutta la loro baldanza e superbia verso di voi. Infine il semplice rider alto vi dà una decisa superiorità sopra tutti gli astanti o circostanti, senza eccezione. Terribile ed awful è la potenza del riso: chi ha il coraggio di ridere, è padrone degli altri, come chi ha il coraggio di morire." (23 Sett. 1828)

mercoledì 8 luglio 2009

ANTON CECHOV E LE FATICHE DI UNO SCRITTORE

(Tratto da: Il Gabbiano, atto II).
TRIGORIN: Devo andare subito a scrivere. Scusi, non ho tempo... Lei ha toccato, come suol dirsi, il mio lato debole, ed ecco io comincio a turbarmi e ad essere alquanto irritato. Del resto, parliamone pure. Parliamo della mia bellissima, luminosa esistenza... Bene di dove cominceremo? Vi sono delle idee ossessive: quando uno, ad esempio, pensa sempre di notte e di giorno, alla luna, e anch'io ho una mia simile luna. Giorno e notte mi affligge un solo pensiero molesto: io devo scrivere, io devo scrivere, io devo... Ho appena finita una novella, che subito, non so perchè, devo scriverne un'altra, e poi una terza, e dopo la terza, e dopo la terza una quarta... Scrivo senza interruzione... Oh che vita assurda! Sto qui con lei, mi agito e intanto a ogni istante ricordo che mi aspetta una novella incompiuta. Vedo una nuvola simile a un pianoforte. Penso: bisognerà accennare in qualche racconto che fluttuava una nuvola simile ad un pianoforte. C'è odore di eliotropio. Mi imprimo nella memoria: aroma dolciastro, color vedovile, accennarvi nella descrizione di una sera d'estate. Colgo ogni parola, ogni frase, che io e lei pronunziamo e mi affretto a rinchiuderle tutte nel mio deposito letterario: potranno servirmi! Quando finisco un lavoro, corro a teatro o a pescare, potrei riposarmi, dimenticare, e invece nella mia testa già rotola una pesante palla di ghisa un nuovo soggetto, e già mi attira il mio tavolino, e bisogna affrettarsi daccapo a scrivere e scrivere. E così sempre, sempre, e non ho pace da me stesso, e sento che sto consumando la mia esistenza, e che, per dare del miele a qualcuno nello spazio, io rubo il polline ai miei fiori migliori, li strappo e ne calpesto le radici. [...] In quegli anni, negli anni migliori, in quelli della giovinezza, quando io cominciavo, lo scrivere era per me un continuo supplizio. Uno scrittore esordiente, specie se non ha fortuna, si crede goffo, maldestro superfluo, ha i nervi tesi, irritati; gironzola infrenabilmente attorno a persone partecipi della letteratura e dell'arte, misconosciuto, non osservato da alcuno, temendo di guardar fisso e con audacia negli occhi, come un giocatore accanito, che non abbia denaro. Io non vedevo il mio lettore, ma non so perchè alla mia fantasia egli appariva malevolo, diffidente. Temevo il pubblico, mi faceva paura, e, quando mettevano in scena una mia nuova commedia, mi sembrava ogni volta che i bruni mi fossero ostili e i biondi gelidamente indifferenti. Oh, che cosa terribile! Che supplizio! [...] Il peggio è che sono in uno stato di ebbrezza e spesso non capisco quello che scrivo... Amo quest'acqua, gli alberi, il cielo, sento la natura, essa suscita in me la passione, l'invincibile desiderio di descriverla. Ma non sono soltanto un paesaggista, sono anche un cittadino, io amo la patria, il popolo, io sento che, come scrittore, ho il dovere di parlare del popolo, delle sue sofferenze, del suo avvenire, di parlare della scienza, dei diritti dell'uomo e di cose simili, ed io parlo di tutto, mi affretto, da tutti i lati mi spronano, si impermaliscono, io mi dimeno da un alto all'altro, come una volpe braccata dai cani, vedo che la vita e la scienza vanno sempre più avanti, mentre io resto indietro, indietro, come un contadino che ha perduto il treno, e alla fin fine sento che so descrivere solo il paesaggio, e in tutto il resto sono falso, e falso sino al midollo.
COSI' INVECE SCRIVEVA CECHOV SULLA SUA OPERA:
"...Sto scrivendo un lavoro teatrale, che terminerò anche, probabilmente, non prima della fine di novembre... E' una commedia, ci sono tre parti femminili, sei maschili, quattro atti, un paesaggio (veduta sul lago); molti discorsi sulla letteratura, poca azione, tonnellate di amore. [...] Il mio lavoro teatrale va avanti, per il momento tutto procede tranquillamente, anche se non so cosa ne uscirà poi, alla fine.. Probabilmente a causa della Piéce le mie intermittenze cardiache si sono fatte più frequenti, prendo il sonno tardi e in generale mi sento piuttosto male...[...] Ebbene, ho finalmente terminato il mio lavoro teatrale. L'ho cominciato forte e l'ho finito pianissimo contro tutte le regole dell'arte drammatica. Ne è uscito un racconto. Sono più scontento che contento e, leggendo questo mio lavoro appena venuto alla luce, mi convinco ancora una volta di non essere affatto un drammaturgo...."

A TUTTI GLI AMICI SCRITTORI...

martedì 7 luglio 2009

NON SONO PIU' DOLCI LE GIOIE DEL MATTINO di William Blake

Non sono più dolci le gioie del mattino
di quelle della notte?
E le gioie frizzanti della giovinezza
si vergognano forse della luce?

L'età avanzata e la malattia rubino
dai vigneti di notte,
ma chi brucia di vigorosa giovinezza
colga i frutti in presenza della luce.

lunedì 6 luglio 2009

LA NAIA E LA VITA

"Cara burbetta dimmi una cosa cosa facevi tre mesi fa, andavi a spasso con la morosa e non pensavi a fare il soldà..." Canzone militare
Sono passati venti anni giusto oggi dal mio primo giorno di naia. Certi ricordi restano indelebili, specialmente se a distanza di anni vengono ripescati dall’archivio delle memorie con un po’ di nostalgia. Fuggivo da una donna, da colei che avevo amato per la prima volta, la chiamata “alle armi” fu quanto mai opportuna all’epoca. Varcando il portone di quella caserma a Pesaro si entrava in un mondo nuovo, un mondo duro ma affascinante allo stesso tempo. All’arrivo un caporale ci disse che delle quattro Compagnie esistenti la peggiore era la prima. Indovinate a quale delle quattro fui assegnato io? Esatto, la prima! E siccome dovevamo fare il giuramento solenne in piazza del popolo, ci sottoposero ad un addestramento durissimo sotto il sole di luglio. Ma come ogni cosa e per mia fortuna, trovai il lato positivo in quell’esperienza, ed era il fascino della lucina azzurra quando andavi a dormire, quella lucina che cullava i tuoi brevi sogni e indicava che un’altra torrida giornata era volata via, verso un giuramento che pareva non arrivasse mai. La cosa peggiore era fare il piantone alle camerate dalle 2 alle 4 del mattino, fare avanti e indietro e guardare con invidia chi russava beato sotto la sua coperta. O peggio gli incontri per spiegare la composizione degli attrezzi militari e tra tante persone da interrogare chiamando un numero di posto branda a caso, rispondevo io. O ancora la paura e l’insonnia della notte prima del lancio della bomba durante l’addestramento, o tutti i colpi sparati alla sagoma del vicino. Potrei narrare ancora tanti eventi, ma la cosa bella è poter ripercorrerli e sorridere anche dei momenti brutti e di sconforto. Da Pesaro fui assegnato al 184° Battaglione Trasmissione Cansiglio, caserma De Dominicis, (da noi ribattezzata “Dedo”) di Treviso. Con la graziosa cittadina veneta fu amore a prima vista, a lei donai i miei vent’anni e la mia prima emozione da uomo. Dalle cucine alla Fureria, fu un anno indimenticabile. Nelle cucine ero molto apprezzato, ero specializzato in caponate ed insalate; non sopportavo un sergente che gridava sempre, dover pulire la piastra bollente e una macchina per pelare patate che pareva danzasse mentre lasciava correre a terra acqua sporca! Dalla fureria, dove preparavo anche le licenze da far firmare al Capitano, riuscii ad aiutare diverse persone ad andare a casa in momenti particolari. Sotto naia, accadeva di tutto e spesso capitavano emergenze da affrontare al meglio. La cosa più importante è il legame che si stringe con i commilitoni, un legame unico e decisamente fraterno. “Di che reggimento siete fratelli? Parola tremante nella notte, foglia appena nata..” (G. Ungaretti). Per fortuna non eravamo in guerra e se già per il semplice servizio di leva si stringeva un legame così forte, posso solo immaginare in guerra come si diventasse uniti e quanto lacerata potesse divenire un’anima nel vederne un’altra spirare. “E se qualcuno chiedesse perché siamo morti, Dite, per le menzogne dei padri, i loro torti” (R. Kipling). Molti, durante "la leva", non riuscivano ad affrontare la prima prova di maturità, il distacco dalla famiglia, quanta sofferenza allora. E chissà quanta sofferenza poi, perché io credo che il vero “botto” si facesse dopo. Appena iniziava la vita reale. Perché tra quelle mura ed in quella città si passavano momenti di grande spensieratezza. Quando scendeva la notte e terminava la musica triste del “Silenzio”, si levavano voci come pianti a gridare “Finitaa!”. Voci che si rincorrevano tra tutti coloro che avevano terminato l'anno, un eco di gioia e nostalgia. Era arrivato il momento del sollievo, il momento del distacco dai fratelli, un trampolino di lancio verso la vita concreta, verso un’illusione di vita felice. Quando ero lì, mangiavo tantissimo e la domenica pomeriggio dopo un bel riposino, mi svegliava un amico romagnolo col quale andavamo a ballare vicino Treviso, il pomeriggio. Cari splendidi fiori, ardue conquiste, pelli di gelsomino e baci di rosa, dove sarete adesso? Sarete mogli infelici o donne affermate? E tutti voi compagni di cui ho perso le tracce, cosa farete? Il frutto acerbo della giovinezza è maturato. Maturata è la vita ed ogni respiro del suo pulpito. Sottile nostalgia, scuoti forte ogni volta che il pensiero vola, ogni volta che il tenue e dolce ricordo dei giorni perduti ritorna come un treno che sfreccia. “Ritroverai le nubi e il canneto, e le voci come ombra di luna. Ritroverai parole oltre la vita breve e notturna dei giochi…” (C. Pavese)

LA GIORNATA di Orazio

Non domandare tu mai
quando si chiuderà la tua
vita, la mia vita,
non tentare gli oroscopi d'oriente:
male è sapere, leucònoe.
Meglio accettare quello che verrà,
gli altri inverni che Giove donerà
o se è l'ultimo, questo
che stanca il mare etrusco
e gli scogli di pomice leggera.
Ma sii saggia; e filtra vino,
e recidi la speranza
lontana, perchè breve è il nostro
cammino, e ora, mentre
si parla, il tempo
è già in fuga, come se ci odiasse!
così cogli la giornata,
non credere al domani.

domenica 5 luglio 2009

TU STUPISCI E INDICHI IL MARE di J.W. Goethe

Tu stupisci e indichi il mare, pare un incendio;
come cinge l'onda fiammante il legno notturno!
Non mi sorprende: il mare generò Afrodite,
e da lei non si levò per noi una fiamma, suo figlio?

sabato 4 luglio 2009

IL MARE di John Keats

In eterno sussurra intorno a lidi
solitari, e con l'ansito potente
dieci e dieci migliaia di caverne
sazia, finchè di Ecate' l'incanto
lascia in lor antico oscuro rombo.
Spesso così soave lo ritrovi
che appena la più piccola conchiglia
viene smossa per giorni di là dove
cadde una volta all'ultima nel cielo
furia di venti. O voi che le pupille
avete afflitte e stanche, fate loro
pascolo della vastità del mare;
voi cui stordì gli orecchi aspro frastuono
o dèste loro troppo nutrimento
di sazievole musica, sedete
di un'antica caverna sulla soglia
in voi raccolti, e balzerete come
ninfe udendo del mar cantare in coro.

' Dea della luna; maestra di magie e incantesimi.

venerdì 3 luglio 2009

SORSEGGIARE LA VITA

Me ne starei sdraiato ora su d’uno spalto ora su d’un altro, guardando il mare attento attento, invecchiando adagio adagio, bevendo a sorsi la vita, il vino e le fantasticherie della mia vita”
E’ il desiderio espresso da un garibaldino, personaggio del libro di Giuseppe Cesare Abba: “Da Quarto al Volturno”, quello di invecchiare bevendo a sorsi la vita e le fantasticherie della sua testa. Una speranza, un sogno che è forse quello di ognuno di noi. Forse a volta bere la vita corrisponde ad una sbronza, soprattutto se si beve d’un fiato e dunque, bisogna vivere la vita sorbendola a sorsi o percorrerla in un baleno trincandola avidamente in un attimo? Quando si dice di cogliere l’attimo, in che modo si sta gustando questa nostra vita? Forse la via di mezzo è per antonomasia quella più corretta, ma in fondo ognuno di noi può viverla come vuole. A meno che non ci siano impedimenti ed ostacoli in quantità superiore a quelli normalmente previsti. La vita che appena sorta è già accompagnata dalla sua nera gemella, che da un momento all’altro può prendere il sopravvento. Esistenza umana messa spesso a repentaglio, soprattutto nel periodo delle guerre. E proprio di guerra, ma con contenuti altamente poetici parla il libro da cui ho tratto la frase iniziale di questo post. Desidero segnalare qualche altro passaggio, trascrivendo con grande emozione l’elogio di Catania:
Siede come Venere nella conchiglia, spossata dal godimento di un cielo, d’una campagna, d’un mare, che sembrano fondersi insieme in una sola vita per farle delizia. Si sente una soavità d’aura anacreontica; su, vino e rose! Lampeggiano gli occhi delle donne uscenti dai templi come Dee, colle vesti bianche, i manti neri di seta fluttuanti dalle trecce per le spalle, sui fianchi superbi”. Donne di Catania, donne della Sicilia, belle come statue, forti, impulsive e passionali, a voi lasciai già il mio cuore. Fiori nel deserto a spandere aromi intensi e perversi, sapore di fiamma e cenere. “mi guardava in modo che io mi sentii nelle braccia la rabbia di agguantar le sbarre dell’inferriata e a squassi schiantarle, per dire a quell’anima - vieni via da coteste tenebre e vivi! -. Essa avvicinò la faccia alla grata; io baciai, baciammo quel ferro freddo e bevvi l’alito suo” Anche qui si beve una parte della vita, la parte dedicata all’amore e alla passione, la sete di un altro corpo, il respiro di un’altra anima che entra dentro noi e scorre per darci tremori indicibili. Ma sull’amore si è scritto e si potrebbe scrivere ancora così tanto… E lo stesso dicesi per la poesia, per i viaggi e per tutto ciò che è opera dell’intelletto umano. Di certo questo libro che consiglio di leggere, riesce a trasmettere poesia in un contesto storico come quello dello sbarco dei mille in Sicilia e i momenti di emozione e di forte commozione non sono mancati. Da poeta (minore) a poeta, un ringraziamento alla tua arte e a ciò che hai lasciato. In ogni “noterella” ho colto frammenti di vita ed emozione, ogni parola diveniva macchina del tempo per trasportarmi direttamente alle battaglie tra borbonici e garibaldini. Ho viaggiato con loro, lottato patito la fame e gioito alle notizie di resa del nemico. Ho aperto un varco nel tempo, tuffandomi tra uno scampolo e l’altro di questa mia realtà nella perdizione poetica e avventurosa delle pagine di un libro. E’il fascino della lettura, è l’amore per il libro e tutto ciò che contiene. Non è difficile, nonostante lo stress di questi giorni incerti, bisogna riuscire a leggere, bastano poche parole per scavalcare i confini della realtà, pochi versi per abbatterne i muri immensi.
"La notte la passai in sentinella avamposto. La poesia mi sgorgava feconda dal cuore.."
Giuseppe Cesare Abba

domenica 28 giugno 2009

IN QUESTO MOMENTO NEL MONDO

In questo momento nel mondo qualcuno sta suonando, qualcuno lavora, qualcuno nasce, muore, piange, ride, divora, si esalta, si deprime, sogna, si dispera, corre, spera, cammina, sente, naufraga, risorge, annega, fa l'amore, grida, si pente, si compiace, si rammarica, ricorda, fugge, lotta, fa la guerra, si lava, langue nelle corsie di un ospedale, si prepara ad un appuntamento galante, qualcuno si separa, qualcuno si sposa, qualcuno si illude, odia, sviene, viaggia, si commuove, ammira, studia, si imbarca, guida, vola, si inginocchia, chiude gli occhi, mangia, rincorre, beve, si suicida, pensa alla morte, pensa al lusso, qualcuno cerca soldi, qualcuno li spreca, qualcuno spaccia, qualcuno uccide, qualcuno dipinge, qualcuno scolpisce, crea, impazzisce, trema, qualcuno è pervaso da brividi di freddo, di sesso, di emozione, di paura, qualcuno scrive, scrive e scrive e intanto il crepuscolo è svanito. E intanto la notte è precipitata e le stelle squillano di luce, e le nubi si disperdono, e i miei pensieri volano eterei, e l'immenso si ferma, ed il tempo corre. E l'anima, l'anima svanisce nelle rime di un cielo di perle, ed il corpo si svuota, e diventa polvere, mentre l'alba sorgerà, domani e doman l'altro e ancora e ancora.. In questo momento qualcuno accende una candela, qualcuno inveisce, sbraita, ulula, tradisce, passeggia, scalcia, miagola, abbaia, digrigna i denti, fa il prepotente, si scusa, ha un incidente, qualcuno telefona, qualcuno riceve una telefonata, e ride, e arrossisce, e gioisce, o si strappa i capelli, o resta inebetito, o balbetta, o cade a terra, o chiede aiuto, ricicla, qualcuno pulisce casa, qualcuno stende i panni, qualcuno chatta, prepara un trasloco, ammira, litiga, svanisce, coglie, gusta, predica, smonta, rimonta, assembla, distrugge, ricomincia, compra, disillude, vende, bacia, schiaffeggia, accarezza, sequestra, minaccia, si ubriaca, dimentica, cresce, danza, si emoziona, volteggia, qualcuno si ritrova, qualcuno si perde, si rigira nel letto, qualcuno ha incubi, qualcuno è stanco, qualcuno sorride, qualcuno strizza l'occhio, qualcuno si brucia, si ferisce, qualcuno strimpella, qualcuno produce, inventa, soffre, segna, appunta, soffoca, rabbrividisce, stupisce, legge, sfoglia, consulta, regredisce, matura, cambia, corrompe, ironizza, promette, fallisce, evade, inquina, rimpiange, sospira, suggerice, sussurra, canta, ascolta, recita, riscrive, qualcuno finisce, qualcuno applaude... qualcuno ama, ama per la vita e la morte, ama per un ora o per l'eternità. Per un momento nel mondo, per una traccia nel tempo, qualcuno.. resterà.

martedì 16 giugno 2009

FRAMMENTI DI CIELO

Frammenti di cielo
indugiano audaci tra le tue dita.

Svaniscono nubi sulle tue mani.

Come petalo d'avorio
la tua pelle sorge.

Indomiti flutti, i tuoi capelli scorrono.

Potessi naufragare in fondo ai tuoi occhi,
ed esule, nei tuoi sorrisi respirare.

venerdì 12 giugno 2009

STRISCIA DI FUOCO

Il tramonto è una miccia,
una striscia di fuoco,
è dissolvenza di cielo.

Nubi crepuscolari
imprimono segni di tenebra,
disperdono luci
ai celestiali fati.

Si staglia la notte
sul profumo del tempo,
cessa la fiamma,
estingue il sospiro.

sabato 6 giugno 2009

LA FIGLIA DI ALBIONE di ANTON CECHOV

Una splendida carrozza coi cerchioni di gomma, il sedile di velluto e un grasso cocchiere a cassetta sì fermò davanti alla casa del proprietario terriero Grjabov. Dalla carrozza scese Fëdor Andreic Otcov, il maresciallo della nobiltà del distretto. Fu accolto, nell'ingresso, da un cameriere insonnolito.«Sono in casa i signori?» chiese il maresciallo.«Nossignore. La signora e i bambini sono usciti a far visite e il signore è a pesca con mamsee la governante. Da stamattina.»Otcov si fermò un attimo a riflettere, poi andò a cercare Grjabov. Lo trovò a un due verste dalla casa, vicino al fiume. Quando, guardando ìn basso dal ripido pendio della riva, Otcov scorse Grjabov, scoppiò in una risata. Grjabov, un uomo alto e grosso, con una testa enorme, stava seduto alla turca sulla sabbia, con la lenza ìn mano. Aveva il cappello sulle ventitré, la cravatta gli pendeva sghemba dal collo. Accano a lui, in piedi, c'era l'alta, sottile inglese con i suoi due occhi sporgenti da gambero, e il grosso naso da uccello, simile più a un becco che a un naso. Portava un biancovestito di mussola che lasciava trasparire delle spalle gialle, ossute. Alla cintura dorata era appeso un orologetto d'oro. Anche lei pescava. Intorno ai due regnava un silenzio di tomba. Erano entrambi immobili come il fiume sulla cui superficie erano sospesi ì galleggianti delle loro lenze.«Chi dorme non piglia pesci!» disse Otcov, ridendo. «Salve, Ivan Kuz'mic!»«Ah, sei tu?» fece Grjabov, senza staccare gli occhi dall'acqua. «Sei venuto?»«Come vedi... E tu stai sempre dietro a questa tua mania? Non ti sei ancora stancato?»«Al diavolo... Sto qui da stamattina... Non so che c'è, oggi non è proprio giornata! Non abbiamo preso niente, né io, né questa befana. Ce ne stiamo qui seduti, e neanche un accidenti che abbocchi! Una disperazione!»«E tu infischiatene. Andiamo a bere un po' di vodka!»«No, aspetta... magari qualcosa la prendiamo. Al tramonto abboccano di più... Fratello mio, è da stamattina che sono qui! Una noia, una noia che non so come raccontartela. È stato il diavolo a farmi venire questa mania della pesca!So che è una stupidaggine, ma di qui non mi muovo! Sto qua seduto come un imbecille, come un ergastolano, e guardo l'acqua come un cretino! Dovrei andare alla falciatura, e invece sto qui a pescare. Ieri a Chapon'evo ha detto messa il monsignore, e io non ci sono andato, sono rimasto tutto il giorno qui con questo pesce lesso... con questa diavolessa...»«Sei impazzito!» gli chiese Otcov lanciando un'occhiata imbarazzata all'inglese. «Parlare così di fronte a una signora e... ingiuriarla..»«Che vada al diavolo! Tanto non capisce un'acca di russo. Puoi farle complimenti o prenderla a male parole, per lei è lo stesso! Ma guardale solo il naso! Basta quello per farti prendere un colpo! Stiamo qua seduti per giornate intere, e mai che dicesse una parola! Sta immobile come uno spaventapasseri, e sgrana gli occhi sull'acqua.»L'inglese sbadigliò, cambiò l'esca e gettò la canna.«Io, fratello mio, non riesco proprìo a capire!» continuò Grjabov. «È in Russia da dieci anni, pezzo di cretina, e non dice neanche una parola in russo!... Uno nostro, un qualsiasi nobiluccio russo, se andasse da loro si metterebbe subito ad abbaiare nella loro lingua... questi invece... e chi li capisce! Guardale il naso! Guardale il naso!»«Adesso smettila... Non sta bene... Prendersela così con una donna!»«Non è una donna, è una zitella... Sogna i fidanzati, pupazza del diavolo! E odora dì marcio... La odio, amico mio! Non riesco a guardarla senza irritarmi! Appena volta su di me quei suoi occhiettini, mi sento rimescolare, come se avessi battuto il gomito contro una ringhiera. Guarda tutto con disprezzo. Sembra che dica: sono un essere umano e dunque il re della natura. Sai come si chiama? Uil'ka Carl'sovna Tfajs! Pfui! Non si riesce neanche a dirlo.»L'inglese, sentendo il proprio nome, girò lentamente il naso dalla parte di Grjabov e lo squadrò con un'occhiata piena di disprezzo. Poi spostò gli occhi su Otcov, inondando anche lui di disprezzo. Tutto questo senza dire una parola, con aria grave, lentamente.«Hai visto?» disse Grjabov, sghignazzando. «Prenditi questa, sembra che dica. Ah, befana! La tengo solo per i bambini, baccalà che non è altro. Se non fosse per loro non la farei neanche avvicinare a casa mia...Ha un naso da sparviero... E il corpo? Mi ricorda un chiodo di quelli lunghi. Lo prenderei e lo pianterei per terra... Sta buono! Mi sembra che stia abboccando...»Grjabov saltò su e sollevò la canna. La lenza si tese... Grjabov diede un altro strattone, ma non riuscì a tirar fuori l'amo. «Si dev'essere impigliato in qualche pietra!» disse aggrottandosi. «Maledizione!...»Sul volto di Grjabov si leggeva la sofferenza. Si mise a tirare la lenza sbuffando, agitandosi e borbottando maledizioni. Ma non servì a nulla. Grjabov impallidì.«Che rabbia! Mi tocca andare in acqua.»«Ma lascia perdere!»«Non posso... Al tramonto abboccano... Ma tu guarda che razza di affare, Signore! Mi tocca andare in acqua!Non c'è niente da fare! Sapessi che voglia ho di svestirmi! Bisogna far sloggiare l'inglese... Non posso spogliarmi davanti a lei. È pur sempre una donna!»Grjabov gettò via cravatta e cappello.«Miss... eee...» si rivolse all'inglese. «Miss Tfajs! Je vous prie... Come glielo devo dire? Ehi, come te lo debbo dire per fartelo capire? Ehi, statemi a sentire, andatevene... Andatevene via! Mi senti?»Miss Tfajs gettò a Grjabov un'occhiata colma di disprezzo e fece un rumore con il naso.«Allora? Non capite? Ti dico di andartene! Devo spogliarmi, pupazza del diavolo! Vai da quella parte! Là!»Grjabov tirò la miss per una manica, le indicò i cespugli e si accovacciò per terra: vai, fa, dietro i cespugli e nasconditi là dietro. L'inglese, muovendo energicamente le sopracciglia, disse in fretta una lunga frase inglese. I due uomini scoppiarono a ridere.«È la prima volta che sento la sua voce... Non c'è che dire, proprio una vocina! Non capisce. Che debbo fare con questa qui?»«Lascia perdere! Andiamo a bere!»«Non posso, debbo pescare... Sta imbrunendo... Allora, che mi consigli di fare? Questa sì che è una bella storia! Mi tocca svestirmi davanti a lei.»Grjabov si tolse giacca e gilet e si sedette sulla sabbia per sfilarsi gli stivali.«Stammi a sentire, Ivan Kuz'mic,» disse il maresciallo, e rideva coprendosi la bocca con la mano. «Questo è veramente troppo, è una vera ingiuria, un'offesa.»«Nessuno l'ha pregata di non capire. Che serva da lezione, a questi stranieri!»Grjabov si sfilò gli stivali, i pantaloni, si tolse la biancheria e restò nel costume d'Adamo. Otcov si teneva la pancia dalle risate. Era tutto rosso in faccia, dalle risate e dall'imbarazzo. L'inglese continuava a muovere le sopracciglia e ad ammiccare... Sul suo viso giallo balenò un altezzoso sorriso di disprezzo.«È ora di fare il bagno,» disse Grjabov, dandosi delle manate sulle costole. «Dimmi un po', Fëdor Andreic, perché ogni estate mi viene questo sfogo sul torace?»«Corri in acqua o copriti con qualcosa, maiale!»«E non ha neanche battuto ciglio, verme che non è altro!» disse Grjabov mentre entrava nell'acqua facendosi il segno della croce «Brr... che acqua fredda! Guarda come muove i sopraccigli! Non si muove mica, lei... È superiore, lei, alla gente comune! Eh! Non ci considera neanche uomini!»Entrò nell'acqua fino alle ginocchia tendendosi in tutta la sua enorme statura e strizzò un occhio dicendo:«Eh, altro che la sua cara Inghilterra!»Miss Tfajs, imperturbabile, cambiò l'esca, sbadigliò e gettò la canna. Otcov voltò le spalle e se ne andò. Grjabov liberò l'amo, si immerse tutto nell'acqua e ne uscì sbuffando. Dopo due minuti era di nuovo seduto con la canna in mano.