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mercoledì 29 aprile 2009

IL POTERE EFFIMERO

Ormai non esiti, o perfido, a tradirmi e ingannarmi?....Mi abbandoni infelice tra gli affanni..Ahimè, che debbono fare gli uomini, dimmi, di chi possono fidarsi?” (Catullo)
Di chi fidarsi oggi, esiste ancora l’amicizia, l’affetto umano, la parentela? L’unico modo per capirlo è proprio quando sei abbandonato ai tuoi affanni più o meno gravi. Semmai avessi avuto dubbi sulla natura umana di certa gente, adesso sono ampiamente dissolti. E’ inutile anche stupirsi del fatto che la gente sparisce nei momenti di difficoltà. Quando sei Re, ti attorniano, lusingano corteggiano; quando cadi e perdi lo scettro sei finito. Puoi essere alienato, guardato male, giudicato. La stima crolla, l’affetto si indebolisce, più hai bisogno più sei abbandonato a te stesso. “Supremo frutto del bastare a se stessi la libertà” (Epicuro). Bastare a se stessi si può, ma quanto è difficile nel mondo di oggi. La libertà è legata al denaro, se lo hai sei libero, se non lo hai sei schiavo proprio come nei tempi antichi. La peggiore faccia dell’uomo: sorriso radioso se hai soldi, sguardo tenebroso e maltrattamento psicologico se non li hai. E non conta se non li hai mai avuti o se li hai avuti e la vita, gli errori, e la sfortuna te li hanno tolti. Conta solo che se hai davvero bisogno, davvero, se l’acqua sale fino a inondarti la gola, proprio in quel momento non ci sarà nessuno a darti una mano. Per fortuna il mondo è vario e se hai fortuna puoi trovare buoni consiglieri e persone che ti stimano per quello che sei e non per quello che hai. Sorgeranno reperti dall’animo umano, ma ahimè, reperti deteriorati per la maggior parte dei casi. “Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo,” ( S.Quasimodo) Non cambi mai, è vero, sono d’accordo. Il progresso feticcio che ci circonda che entra nelle nostre vite si perde in un attimo, dissolvendosi nella fatuità degli umani pensieri, delle umane azioni, dell’umano essere. A che serve scrivere, a che serve cercare rifugio. Questa grotta è una nebulosa, questa grotta non ha soffitto a ripararci. E’ un tetto evanescente quello che ci copre, solo le tegole induriscono sui nostri pensieri, frantumandoli in mille pezzi. Ogni pezzo che schizza a milioni di anni luce, ogni pezzo distante dagli altri, separato per sempre; non coprirà Adamo le siderali distanze. Uomo hai peccato e devi pagare, uomo, tu e (quasi) tutta la tua generazione. No, non paga nessuno, o meglio solo in pochi pagano davvero. Molti non sanno che significa la penitenza della vita, tanti non subiscono nulla che possa scalfirli. La fortuna ci vede e anche molto bene. La direzione è sempre quella, bisogna andare dove c’è già benessere, fortuna chiama fortuna, da sorella a sorella la strada è segnata, ci si riabbraccia sempre nello stesso punto. La miseria respinge, come elettrone impazzito rifugge il bene per trascinarti negli inferi. Scorre l’Ade sul millennio, fluisce imperterrito e imperioso, né dighe, ne ostacoli. Tracimazione avvenuta, bisogna fuggire, ma dove? Il fiume corre solo in una direzione, e in quel senso non ci si può salvare. “L’incredul’occhio ai firmamenti spinse; e, dove sei, sclamò, tu che presumi regnar l’anime eterno? Alzati e pugna: L’uman genio ti sfida!” (M. Rapisardi) Già, dove sei? Dov’eri durante i terremoti, le stragi, le malattie? Assente non giustificato, o forse si.. Abbiamo vissuto a lungo? E’ arrivato il tempo di ripiegare le lenzuola di questo pianeta, di farne un solo fagotto e di lanciarlo nello spazio infinito? Quanto è difficile percorrere il cammino accidentato di questa vita, quanto, maledizione! Ma forse proprio per questo vale la pena di affrontarlo, forse proprio per questo vale la pena di nutrirsi di emozioni, anche di quelle minime e inimmaginabili. Tra le ombre la luce c’è, è un lume, un lume flebile come un leggero vento primaverile, ma è un lume che se ci credi può trasformarsi lentamente nell'eterno brillare di una stella.
"O natura umana stupefacente! Chiasso di vicoli oscuri! Ora mi stai di nuovo alle spalle: il mio più grande pericolo sta alle mie spalle! ..Con narici felici respiro di nuovo la libertà montana! (Nietzsche)

lunedì 20 aprile 2009

DELLA NORMANNA GENTE

Tra le mura del tempo
ho imprigionato ricordi,
taciti respiri
sui sorrisi di ieri.

Di malto i primi baci,
inerpicati agli aridi semi.
Di aria i desideri inespressi,
che plasmavano nuvole
lungo i direvoli viaggi.

La nenia del motore
cullava i miei sogni,
perdutamente dissolti
su basolati di stelle.

Ergevasi la torre
di imponente splendore
sull'incerto cammino del vivere.
Di clangori e battaglie
risuonava il silenzio,
all'orizzonte, smarriva l'eco
l'urlo dei secoli.

Della normanna gente
resta l'orgoglio,
vive la forza,
tracima speranza.

Tornerò alle materne spoglie,
attraverso le polveri della poesia,
seguirò la via
lungo i tenorili canti,
durante il cammino
coglierò pigmenti di luce.

Finirà presto l'eterno tragitto,
e, cosparso d'immenso,
deporrò l'anima alla sorgente,
donando alla Musa gli ultimi versi,
incanti e illusioni
di una bramata immortalità.

Aprile 2009

mercoledì 15 aprile 2009

VITA DA TEATRO

Anche nei mali donate al cuore la gioia di ogni giorno perché tra i morti la potenza è nulla”. (Da: “i Persiani” di Eschilo)Sarebbe fantastico riuscire a donare al cuore la gioia anche nei momenti più difficili. Oggi anche se effimera l’ho agguantata. Oggi mi sono finalmente reso conto di quanta felicità si possa provare nel vedere ben realizzata una propria opera. Avevo accettato con piacere i complimenti del pubblico e di tutte le persone che nei giorni successivi parlavano bene del mio spettacolo. Ma fino a che non ho visto il filmato completo del mio esordio teatrale, non ho potuto rendermi conto. Adesso si, ora capisco di aver fatto un buon lavoro. Non è modestia la mia, solo consapevolezza di cosa può far fare l’entusiasmo, la grinta e la determinazione. In fondo a parte il prezioso aiuto del bravissimo coprotagonista, di mia sorella e di parte del cast, ho fatto tutto da solo. Ho scritto l’opera, ho diretto, ho pensato a volantini e locandine, ho cercato i costumi e gli attrezzi di scena, stirato fino a tarda notte i teli della scenografia, curato l’amministrazione e le burocrazie varie, nonché recitato! E ripeto non faccio questo elenco per vantarmi, ma solo per dimostrare come grazie alla passione e alla volontà si possa riuscire in tutto. Non nego che fino a ieri ero un po’ demoralizzato per l’emorragia economica che realizzare questo sogno ha comportato. Ma mi è bastato inserire il dvd nel lettore, e iniziare a sognare. Davvero belle le musiche di Davide, intriganti le scene di Salvo. Nonostante qualche amnesia, devo dire che sono molto soddisfatto della mia opera prima. La coccolerò a lungo nei miei ricordi e anzi spero di poterla riproporre presto, magari con un supporto economico maggiore! E’ l’aria del teatro che mi ha conquistato, il sapore del palco e la gioia sottile che corre lungo ogni singolo applauso. La finzione che va in scena, o la scena che diventa reale. Da che esiste l’uomo esiste il teatro, fin dai primordi nacque l’esigenza di mascherarsi, di festeggiare eventi sacri o ricorrenze pagane. Il percorso magico ha dipanato le sue emozioni lungo i fili del tempo. Sono ancora nell’anticamera delle conoscenze in questo settore, ma ho già visto tanti spettacoli, più o meno emozionanti. Tra i più belli, ricordo quelli di Robert Wilson, davvero unici. L’ultimo, a Spoleto, a giugno del 2008, “L’opera da tre soldi” di Brecht, con le musiche di Kurt Weill: che capolavoro. Che emozione a parte i movimenti scenici e la bravura degli attori, vedere le scene illuminate dallo stile Wilson, si può ben dire: uno spettacolo! “Molti avvenimenti posano in germe in seno al tempo, che debbono schiudersi in fiore” (Da: Otello di Shakespeare). E’ l’augurio per ogni avvenimento lieto questo, anche se usato da un personaggio sinistro come Jago. A proposito di questo personaggio, ricordo una volta che un attore lo impersonava parlando come l’orso Yoghi… che fastidio! Dunque ogni avvenimento lieto, ma anche nefasto, perché la speranza che col tempo diventi fiore, indica proprio che tutti noi dovremmo affrontare con più ottimismo la vita. Depositare un germe in seno al tempo, un germe che si schiuda presto divenendo fiore. Esistesse un mondo di soli fiori.. Purtroppo i fiori più belli sono quelli che hanno le spine più grosse. Come la felicità che porta con se l’immane sofferenza, l’emicrania dopo la sbornia, lo scontro con la realtà dopo il delizioso sogno. La vita che lascia un sapore amaro: “Perché, caro signore, non sappiamo da cosa sia fatto, ma c’è, c’è, ce lo sentiamo tutti qua, come un’angoscia nella gola, il gusto della vita, che non si soddisfa mai, che non si può mai soddisfare, perché la vita, nell’atto stesso in cui la viviamo, è così sempre ingorda di se stessa che non si lascia assaporare. Il sapore è nel passato, che ci rimane vivo dentro” (Da: “L’uomo dal fiore in bocca” di Pirandello). Dunque è vero che il sapore della vita è nel passato? Quanto contano i ricordi della nostra esistenza, quanto sono ricamati alle azioni quotidiane, ai momenti belli o a quelli terribili. Ho spesso vissuto nel passato, e a volte capita ancora di essere nostalgico. Si rimpiangono i tempi migliori, si ripensa a persone, momenti o oggetti del nostro passato. Ma la forza sta nell’affrontare il presente, è questo il tempo giusto da vivere secondo Shopenauer, non rovinarsi l’attualità con le preoccupazioni del futuro. Se fra un mese arriva un evento che ti tiene in apprensione, non bisognerebbe rovinarsi tutti i giorni del mese, in attesa di quel giorno. Non bisognerebbe, il condizionale è d’obbligo, perché tra le parole scritte e la realtà ne passa di acqua, a volte anche un mare o peggio un oceano di differenza. Però non bisogna negare che è il passato che ci costruisce, è quello che fa di noi ciò che siamo oggi. Ogni singola esperienza, viaggio o emozione provata contribuisce alla formazione umana di ognuno di noi. Il teatro stesso porta con sé il respiro del tempo, e dal passato salta direttamente al futuro, con la speranza che la finzione di scena possa tramutare alcuni dei suoi lieti fine in eterna realtà. “E così infine abbiamo l’happy end. Così piacevole sarebbe per noi la vita se sempre arrivassero i reali messaggeri” . (Da “L’opera da tre soldi” di B. Brecht)

mercoledì 8 aprile 2009

LA SOTTILE ESISTENZA

La vita è strana. Cambiano le situazioni ed una in particolare: circa un anno fa, ricevetti una marea di applausi dopo i primi eventi organizzati. Adesso quegli stessi applausi devo moltiplicarli e renderli a tutti gli amici aquilani, per il coraggio , la forza e la dignità che stanno dimostrando nell’affrontare una catastrofe. Ho pianto da lontano insieme a voi, mentre quel maledetto terremoto faceva crollare le vostre certezze ed un po’ le mie. Ho vissuto in linea diretta con amiche e amici, tutte le sensazioni di angoscia, impotenza e disperazione; ascoltato allibito le testimonianze di paura. Quanto è sottile l’esistenza, quanto è labile ed effimera la vita, gli basta un secondo per finire in modo drammatico. Provo forte sgomento al pensiero di tutte le persone che non sono sopravvissute al sisma e al pensiero di una città distrutta. Quella stessa città che così bene mi aveva accolto, quella cittadina tranquilla, graziosa, ricca di storia e di arte. Non riesco a pensare che sia quasi completamente distrutta, non me ne capacito. Ho il desiderio di andare, di recarmi lì ed aiutare tutte le persone che hanno bisogno. Sento quest’esigenza che irrompe nei miei pensieri, sento di dover mettere il mio sorriso al servizio della tragedia. Conosco tantissima gente, spero che nessuno sia rimasto prigioniero sotto quelle dannate macerie. La casa, luogo di protezione per eccellenza diventa carnefice, spietato! E’ la terra che vive e l’uomo che muore. Quanto è amara e vera questa cosa. Quanto siamo eterei di fronte la potenza della natura, che da un momento all’altro può decidere di scatenarsi in tutta la sua irruenza. Crollano palazzi e sicurezze, cambia la vita, ci si aggrappa alla speranza, come se fosse l’ultimo pezzo di legno di una nave che affonda ed il naufrago vi si appiglia disperato. Tacciono anche le parole e si fermano i respiri rifugiati nei meandri dell’anima, tace tutto, un grido silenzioso si leva ad invocare la fine, a chiedere che si fermi l’affluire delle macerie lungo le ormai deserte strade. Ripercorro continuamente le vie, i luoghi, che mi hanno visto protagonista di lunghe passeggiate, ripenso a coloro che tante emozioni mi hanno donato, rifletto su come sia all’erta il destino. E se fossi stato ancora lì? La mia casa avrebbe resistito? Mi sarei salvato? Ho rimpianto L’Aquila, ma certo qualcosa di più grande ha deciso di farmi andare via. Le coincidenze della vita si sono poste in modo tale da non farmi restare. La cosa fondamentale adesso è far sì che la solidarietà non si fermi alla spinta emozionale del momento, ma che accompagni il capoluogo abruzzese verso una celere rinascita. Spero con tutto me stesso che L’Aquila possa diventare la più bella fenice che sia mai esistita e che risorga imperiosa dalle sue ceneri. Io, nel mio piccolo, posso donare cuore, anima e se ci sarà possibilità anche il mio sostegno. Coraggio amici, coraggio!

sabato 4 aprile 2009

I PERCORSI DEL TEMPO

"Siamo arrivati fin qui un pò stanchi e affamati di poesia... Abbiamo piantato alberi e bandiere.. abbiamo attraversato i deserti dell'anima... Abbiamo vinto e perso con filosofia... Altre emozioni verranno te lo prometto amica mia..." S. Endrigo
Mi ritrovo pienamente in molti versi di questa canzone. Quando la ascoltai per la prima volta, arrivato a destinazione non riuscivo a scendere dall’auto perché volevo sentirla fino alla fine: in assoluto tutto il bello dell’arte! Dunque sono arrivato ai miei quarant’anni, un po’ stanco e affamato di poesia. Una fame iniziata precocemente e mai saziata. Un’altra tappa della vita che srotola i suoi misteri lungo questo anno che mi appresto ad affrontare. Se è vero come dice Seneca, che non importa quanto si vive, ma come, allora posso ritenermi soddisfatto di questi primi 40 anni. Anche se sono stati pieni di errori, e forse qualche rimpianto c’è, ma è inevitabile. Quando sei a un bivio, ti chiedi mai se stai prendendo quello giusto? E quando decidi, ti chiedi mai se avessi scelto l’altra soluzione come sarebbe andata? A me è capitato e capita spesso. Potessimo riuscire a cogliere allo stesso modo vittorie e insuccessi. Riuscire a vincere e perdere appunto con filosofia. Sulla carta è facile, ma posto di fronte agli orrori quotidiani è difficile attenersi a certe linee di pensiero. Anche se magari puoi fare tesoro di alcune massime di grandi autori del passato. Cosa ricordo dunque di questi anni passati? Tutto o nulla. Ho ricordi indelebili della mia infanzia e adolescenza; dei primi amori e dei primi libri letti. Un percorso dipanato lungo il filo della scrittura, iniziata precocemente. Già a nove anni la macchina da scrivere fissava su un foglio il mio primo racconto. “Cyborg”. A quindici anni un quadernetto racchiudeva le prime poesie. Mi innamoravo spesso, perciò i quaderni erano pieni zeppi di versi per tutte le ragazze che mi trasmettevano emozioni (da questo punto di vista, non è cambiato molto!). Tornando alle scelte che si fanno durante la vita, in taluni casi si può parlare di destino. “Esaminate le situazioni di tutti i popoli dell’universo,: esse sono determinate da una sequenza di fatti che sembrano ininfluenti ma da cui dipende tutto. Tutto è ingranaggio, puleggia, corda, molla in questa immensa macchina”. Prendo a prestito questa citazione dal Dizionario filosofico di Voltaire. Dunque tutto è come una macchina, l’ingranaggio è la parte fondamentale. Adesso sono puleggia o corda, adesso sono molto vicino alla realizzazione di un sogno. Nulla dovrebbe incepparsi, per rendere questo giorno speciale. Infatti questo giorno indica la forza, la fatica e tutto l’impegno che prendono forma nello spettacolo di stasera. Un esordio assoluto come sceneggiatore, regista e attore, ed una prima opera messa in scena proprio il giorno del mio compleanno. A breve l’emozione che adesso si percepisce lievemente, salirà in maniera esponenziale e l’adrenalina mi farà preda delle sue scariche. Il teatro e i recital, sono nuove spinte emozionali, sono l’ingranaggio e la molla che devono accompagnarmi durante questa seconda fase della mia vita. Invio un pensiero a tutte le donne che mi hanno voluto e che mi vogliono bene, a tutti gli amici, i nemici, i conoscenti e soprattutto i parenti. Un ringraziamento di cuore alla mia famiglia per la vicinanza durante i momenti più sconfortanti. A mio fratello per l’aiuto tempestivo in certe occasioni, a mia sorella per tutto il sostegno nelle varie fasi del mio reinserimento in questa città, a mio padre e alla sua forza di superare tutte le ore di ospedale passate. Dunque benvenuta a questa nuova età, ed un bacio immenso a mia madre che da lassù spero possa apprezzare lo spettacolo ed essere orgogliosa di suo figlio Giuseppe. “ Se sai sognare ma dai sogni sai non farti dominare…Se di tutto ciò che hai vinto sai fare un solo mucchio e te lo giochi, all’azzardo, un’altra volta, e se perdi, sai ricominciare senza dire una parola di sconfitta; se sai forzare cuore, nervi e tendini dritti allo scopo, ben oltre la stanchezza, a tener duro quando in te nient’altro esiste, tranne il comando della volontà…Se riesci a occupare il tempo inesorabile dando valore ad ogni istante della vita, il mondo è tuo, con tutto ciò che ha dentro, e, ancor di più, ragazzo mio, sei Uomo!” R. Kypling