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domenica 28 giugno 2009

IN QUESTO MOMENTO NEL MONDO

In questo momento nel mondo qualcuno sta suonando, qualcuno lavora, qualcuno nasce, muore, piange, ride, divora, si esalta, si deprime, sogna, si dispera, corre, spera, cammina, sente, naufraga, risorge, annega, fa l'amore, grida, si pente, si compiace, si rammarica, ricorda, fugge, lotta, fa la guerra, si lava, langue nelle corsie di un ospedale, si prepara ad un appuntamento galante, qualcuno si separa, qualcuno si sposa, qualcuno si illude, odia, sviene, viaggia, si commuove, ammira, studia, si imbarca, guida, vola, si inginocchia, chiude gli occhi, mangia, rincorre, beve, si suicida, pensa alla morte, pensa al lusso, qualcuno cerca soldi, qualcuno li spreca, qualcuno spaccia, qualcuno uccide, qualcuno dipinge, qualcuno scolpisce, crea, impazzisce, trema, qualcuno è pervaso da brividi di freddo, di sesso, di emozione, di paura, qualcuno scrive, scrive e scrive e intanto il crepuscolo è svanito. E intanto la notte è precipitata e le stelle squillano di luce, e le nubi si disperdono, e i miei pensieri volano eterei, e l'immenso si ferma, ed il tempo corre. E l'anima, l'anima svanisce nelle rime di un cielo di perle, ed il corpo si svuota, e diventa polvere, mentre l'alba sorgerà, domani e doman l'altro e ancora e ancora.. In questo momento qualcuno accende una candela, qualcuno inveisce, sbraita, ulula, tradisce, passeggia, scalcia, miagola, abbaia, digrigna i denti, fa il prepotente, si scusa, ha un incidente, qualcuno telefona, qualcuno riceve una telefonata, e ride, e arrossisce, e gioisce, o si strappa i capelli, o resta inebetito, o balbetta, o cade a terra, o chiede aiuto, ricicla, qualcuno pulisce casa, qualcuno stende i panni, qualcuno chatta, prepara un trasloco, ammira, litiga, svanisce, coglie, gusta, predica, smonta, rimonta, assembla, distrugge, ricomincia, compra, disillude, vende, bacia, schiaffeggia, accarezza, sequestra, minaccia, si ubriaca, dimentica, cresce, danza, si emoziona, volteggia, qualcuno si ritrova, qualcuno si perde, si rigira nel letto, qualcuno ha incubi, qualcuno è stanco, qualcuno sorride, qualcuno strizza l'occhio, qualcuno si brucia, si ferisce, qualcuno strimpella, qualcuno produce, inventa, soffre, segna, appunta, soffoca, rabbrividisce, stupisce, legge, sfoglia, consulta, regredisce, matura, cambia, corrompe, ironizza, promette, fallisce, evade, inquina, rimpiange, sospira, suggerice, sussurra, canta, ascolta, recita, riscrive, qualcuno finisce, qualcuno applaude... qualcuno ama, ama per la vita e la morte, ama per un ora o per l'eternità. Per un momento nel mondo, per una traccia nel tempo, qualcuno.. resterà.

martedì 16 giugno 2009

FRAMMENTI DI CIELO

Frammenti di cielo
indugiano audaci tra le tue dita.

Svaniscono nubi sulle tue mani.

Come petalo d'avorio
la tua pelle sorge.

Indomiti flutti, i tuoi capelli scorrono.

Potessi naufragare in fondo ai tuoi occhi,
ed esule, nei tuoi sorrisi respirare.

venerdì 12 giugno 2009

STRISCIA DI FUOCO

Il tramonto è una miccia,
una striscia di fuoco,
è dissolvenza di cielo.

Nubi crepuscolari
imprimono segni di tenebra,
disperdono luci
ai celestiali fati.

Si staglia la notte
sul profumo del tempo,
cessa la fiamma,
estingue il sospiro.

sabato 6 giugno 2009

LA FIGLIA DI ALBIONE di ANTON CECHOV

Una splendida carrozza coi cerchioni di gomma, il sedile di velluto e un grasso cocchiere a cassetta sì fermò davanti alla casa del proprietario terriero Grjabov. Dalla carrozza scese Fëdor Andreic Otcov, il maresciallo della nobiltà del distretto. Fu accolto, nell'ingresso, da un cameriere insonnolito.«Sono in casa i signori?» chiese il maresciallo.«Nossignore. La signora e i bambini sono usciti a far visite e il signore è a pesca con mamsee la governante. Da stamattina.»Otcov si fermò un attimo a riflettere, poi andò a cercare Grjabov. Lo trovò a un due verste dalla casa, vicino al fiume. Quando, guardando ìn basso dal ripido pendio della riva, Otcov scorse Grjabov, scoppiò in una risata. Grjabov, un uomo alto e grosso, con una testa enorme, stava seduto alla turca sulla sabbia, con la lenza ìn mano. Aveva il cappello sulle ventitré, la cravatta gli pendeva sghemba dal collo. Accano a lui, in piedi, c'era l'alta, sottile inglese con i suoi due occhi sporgenti da gambero, e il grosso naso da uccello, simile più a un becco che a un naso. Portava un biancovestito di mussola che lasciava trasparire delle spalle gialle, ossute. Alla cintura dorata era appeso un orologetto d'oro. Anche lei pescava. Intorno ai due regnava un silenzio di tomba. Erano entrambi immobili come il fiume sulla cui superficie erano sospesi ì galleggianti delle loro lenze.«Chi dorme non piglia pesci!» disse Otcov, ridendo. «Salve, Ivan Kuz'mic!»«Ah, sei tu?» fece Grjabov, senza staccare gli occhi dall'acqua. «Sei venuto?»«Come vedi... E tu stai sempre dietro a questa tua mania? Non ti sei ancora stancato?»«Al diavolo... Sto qui da stamattina... Non so che c'è, oggi non è proprio giornata! Non abbiamo preso niente, né io, né questa befana. Ce ne stiamo qui seduti, e neanche un accidenti che abbocchi! Una disperazione!»«E tu infischiatene. Andiamo a bere un po' di vodka!»«No, aspetta... magari qualcosa la prendiamo. Al tramonto abboccano di più... Fratello mio, è da stamattina che sono qui! Una noia, una noia che non so come raccontartela. È stato il diavolo a farmi venire questa mania della pesca!So che è una stupidaggine, ma di qui non mi muovo! Sto qua seduto come un imbecille, come un ergastolano, e guardo l'acqua come un cretino! Dovrei andare alla falciatura, e invece sto qui a pescare. Ieri a Chapon'evo ha detto messa il monsignore, e io non ci sono andato, sono rimasto tutto il giorno qui con questo pesce lesso... con questa diavolessa...»«Sei impazzito!» gli chiese Otcov lanciando un'occhiata imbarazzata all'inglese. «Parlare così di fronte a una signora e... ingiuriarla..»«Che vada al diavolo! Tanto non capisce un'acca di russo. Puoi farle complimenti o prenderla a male parole, per lei è lo stesso! Ma guardale solo il naso! Basta quello per farti prendere un colpo! Stiamo qua seduti per giornate intere, e mai che dicesse una parola! Sta immobile come uno spaventapasseri, e sgrana gli occhi sull'acqua.»L'inglese sbadigliò, cambiò l'esca e gettò la canna.«Io, fratello mio, non riesco proprìo a capire!» continuò Grjabov. «È in Russia da dieci anni, pezzo di cretina, e non dice neanche una parola in russo!... Uno nostro, un qualsiasi nobiluccio russo, se andasse da loro si metterebbe subito ad abbaiare nella loro lingua... questi invece... e chi li capisce! Guardale il naso! Guardale il naso!»«Adesso smettila... Non sta bene... Prendersela così con una donna!»«Non è una donna, è una zitella... Sogna i fidanzati, pupazza del diavolo! E odora dì marcio... La odio, amico mio! Non riesco a guardarla senza irritarmi! Appena volta su di me quei suoi occhiettini, mi sento rimescolare, come se avessi battuto il gomito contro una ringhiera. Guarda tutto con disprezzo. Sembra che dica: sono un essere umano e dunque il re della natura. Sai come si chiama? Uil'ka Carl'sovna Tfajs! Pfui! Non si riesce neanche a dirlo.»L'inglese, sentendo il proprio nome, girò lentamente il naso dalla parte di Grjabov e lo squadrò con un'occhiata piena di disprezzo. Poi spostò gli occhi su Otcov, inondando anche lui di disprezzo. Tutto questo senza dire una parola, con aria grave, lentamente.«Hai visto?» disse Grjabov, sghignazzando. «Prenditi questa, sembra che dica. Ah, befana! La tengo solo per i bambini, baccalà che non è altro. Se non fosse per loro non la farei neanche avvicinare a casa mia...Ha un naso da sparviero... E il corpo? Mi ricorda un chiodo di quelli lunghi. Lo prenderei e lo pianterei per terra... Sta buono! Mi sembra che stia abboccando...»Grjabov saltò su e sollevò la canna. La lenza si tese... Grjabov diede un altro strattone, ma non riuscì a tirar fuori l'amo. «Si dev'essere impigliato in qualche pietra!» disse aggrottandosi. «Maledizione!...»Sul volto di Grjabov si leggeva la sofferenza. Si mise a tirare la lenza sbuffando, agitandosi e borbottando maledizioni. Ma non servì a nulla. Grjabov impallidì.«Che rabbia! Mi tocca andare in acqua.»«Ma lascia perdere!»«Non posso... Al tramonto abboccano... Ma tu guarda che razza di affare, Signore! Mi tocca andare in acqua!Non c'è niente da fare! Sapessi che voglia ho di svestirmi! Bisogna far sloggiare l'inglese... Non posso spogliarmi davanti a lei. È pur sempre una donna!»Grjabov gettò via cravatta e cappello.«Miss... eee...» si rivolse all'inglese. «Miss Tfajs! Je vous prie... Come glielo devo dire? Ehi, come te lo debbo dire per fartelo capire? Ehi, statemi a sentire, andatevene... Andatevene via! Mi senti?»Miss Tfajs gettò a Grjabov un'occhiata colma di disprezzo e fece un rumore con il naso.«Allora? Non capite? Ti dico di andartene! Devo spogliarmi, pupazza del diavolo! Vai da quella parte! Là!»Grjabov tirò la miss per una manica, le indicò i cespugli e si accovacciò per terra: vai, fa, dietro i cespugli e nasconditi là dietro. L'inglese, muovendo energicamente le sopracciglia, disse in fretta una lunga frase inglese. I due uomini scoppiarono a ridere.«È la prima volta che sento la sua voce... Non c'è che dire, proprio una vocina! Non capisce. Che debbo fare con questa qui?»«Lascia perdere! Andiamo a bere!»«Non posso, debbo pescare... Sta imbrunendo... Allora, che mi consigli di fare? Questa sì che è una bella storia! Mi tocca svestirmi davanti a lei.»Grjabov si tolse giacca e gilet e si sedette sulla sabbia per sfilarsi gli stivali.«Stammi a sentire, Ivan Kuz'mic,» disse il maresciallo, e rideva coprendosi la bocca con la mano. «Questo è veramente troppo, è una vera ingiuria, un'offesa.»«Nessuno l'ha pregata di non capire. Che serva da lezione, a questi stranieri!»Grjabov si sfilò gli stivali, i pantaloni, si tolse la biancheria e restò nel costume d'Adamo. Otcov si teneva la pancia dalle risate. Era tutto rosso in faccia, dalle risate e dall'imbarazzo. L'inglese continuava a muovere le sopracciglia e ad ammiccare... Sul suo viso giallo balenò un altezzoso sorriso di disprezzo.«È ora di fare il bagno,» disse Grjabov, dandosi delle manate sulle costole. «Dimmi un po', Fëdor Andreic, perché ogni estate mi viene questo sfogo sul torace?»«Corri in acqua o copriti con qualcosa, maiale!»«E non ha neanche battuto ciglio, verme che non è altro!» disse Grjabov mentre entrava nell'acqua facendosi il segno della croce «Brr... che acqua fredda! Guarda come muove i sopraccigli! Non si muove mica, lei... È superiore, lei, alla gente comune! Eh! Non ci considera neanche uomini!»Entrò nell'acqua fino alle ginocchia tendendosi in tutta la sua enorme statura e strizzò un occhio dicendo:«Eh, altro che la sua cara Inghilterra!»Miss Tfajs, imperturbabile, cambiò l'esca, sbadigliò e gettò la canna. Otcov voltò le spalle e se ne andò. Grjabov liberò l'amo, si immerse tutto nell'acqua e ne uscì sbuffando. Dopo due minuti era di nuovo seduto con la canna in mano.

LA STELLA DELLA SERA, di EDGAR ALLAN POE

L'estate era al suo meriggio,
e la notte al suo colmo;
e ogni stella, nella sua propria orbita,
brillava pallida, pur nella luce
della luna, che più lucente e più fredda,
dominava tra gli schiavi pianeti,
nei cieli signora assoluta -
e, col suo raggio, sulle onde.
Per un poco io fissai
il suo freddo sorriso;
oh, troppo freddo- troppo freddo per me!
Passò, come un sudario,
una nuvola lanuginosa,
e io allora mi volsi a te,
orgogliosa stella della sera,
alla tua remota fiamma,
più caro avendo il tuo raggio;
giacchè più m'allieta
l'orgogliosa parte
che in cielo svolgi a notte,
e di più io ammiro
il tuo fuoco distante
che non quella più fredda, consueta luce.