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giovedì 17 settembre 2009
PATRICK SUSKIND E IL "PUZZO" PERSISTENTE
"... Al tempo di cui parliamo, nella città regnava un puzzo a stento immaginabile per noi moderni. Le strade puzzavano di letame, i cortili interni di orina, le trombe delle scale di legno marcio e di sterco di ratti, le cucine di cavolo andato a male e di grasso di montone; le stanze non aerate puzzavano di polvere stantia, le camere da letto di lenzuola bisunte, dell'umido dei piumini e dell'odore pungente e dolciastro di vasi da notte. Dai camini veniva puzzo di zolfo, dalle concerie veniva il puzzo dei solventi, dai macelli puzzo di sangue rappreso. La gente puzzava di sudore e di vestiti non lavati; dalle bocche veniva un puzzo di denti guasti, dagli stomaci un puzzo di cipolla e dai corpi, quando non erano più tanto giovani, veniva un puzzo di formaggio vecchio e latte acido e malattie tumorali. Puzzavano i fiumi, puzzavano le piazze, puzzavano le chiese, c'era un puzzo sotto i ponti e nei palazzi. Il contadino puzzava come il prete, l'apprendista come la moglie del maestro, puzzava tutta la nobiltà, perfino il re puzzava, puzzava come un animale feroce, e la regina come una vecchia capra, sia d'estate sia d'inverno. Infatti nel diciottesimo secolo non era stato ancora posto alcun limite all'azione disgregante dei batteri, e così non v'era attività umana, sia cotruttiva che distruttiva, o manifestazione di vita in ascesa o in declino, che non fosse accompagnata dal puzzo..." (Patrick Suskind, da: "Il Profumo")
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