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venerdì 9 ottobre 2009

LAMPI DI VITA

“…E il ricordo passa in quel profumo, evocato dalle nostre ore più famose…” (Rilke)

Forse il tempo è un cerchio infinito, forse è un treno in corsa, forse è una nebulosa o uno zodiaco sul quale transitano gli attimi delle nostra vita. E’ una riscoperta il passato, più avanzi in questo breve viaggio più senti la nostalgia avvincerti la gola e strigliarti il cuore. E’ pieno di quarantenni questo mondo, tutti uomini e bambini, tutti adolescenti e vecchi col pensiero rivolto a sogni forse mai realizzati. Sono i costumi del tempo, gli usi e l’ovattata felicità che correva lungo quelle immagini lontane. Vedere Goldrake a colori da una vicina e stupirsi di quanta importanza davano ad un anime giapponese, visto sino ad allora solo in bianco e nero. Si sbuffava e si imprecava contro il grande Peppino De Filippo, affinché terminasse presto di parlare e fosse messo in onda il cartone animato che tutti aspettavamo. Il primo, di una serie infinita che entrava nelle nostre menti, mentre il crepuscolo calava e avevamo ancora in bocca il sapore della merenda alla nutella preparata dalla mamma e gettata della finestra, (quando non potevi togliere al gioco nemmeno un minuto), avvolta in un sacchetto di carta. Un sacchetto che appena scartato emanava un profumo tale da strappare in mille pezzi il tovagliolo e agguantare famelici il panino straripante delle sublime crema. Quando i sogni erano concreti, erano tangibili e sicuri, quando sognavi di fare il medico, o l’astronauta o di pilotare un robot. Scorrevano le immagini e scorreva la spensieratezza provata e poi perduta, infranta contro un mondo in continua involuzione. Cosa si è perso? Gli agi si sono moltiplicati fecondi, l’era di internet è prepotentemente entrata in scena, come una grande attrice al debutto, ma senza emozione, nessuna scossa di adrenalina prima di dominare il palco. Si comincia da lì forse, dall’infanzia perduta a fabbricare le impalcature della vita, qualcuno le ha costruite solide, qualcuno traballanti. Certezza, equilibrio e follia hanno caratterizzato la crescita, fissando come post-it gli attimi ad una bacheca effimera. Ogni mattone, un errore o una conquista, una soddisfazione o un dolore. Allora il riso era ebbro sulle candide labbra, allora i profumi si mescevano al roteare della palla su un campetto di terra incolta. Erano corse al vento che ti carezzava sornione il viso, allora Eolo stuzzicava divertito la nostra allegria. Era il coprifuoco per vedere un cartone e raccontarselo l’indomani, erano i primi batticuore mentre si urlava divertiti chiedendo quanti passi bisognava fare con la fede e con l’anello per arrivare a.. quel castello.. Era la strega che comandava i colori ed i suoi occhi che davano tremori. Le sette pietre e le mille illusioni, la palla avvelenata ed i primi dolori. C’era Terence nei sogni che suonava l’armonica alla sua Candy, c’erano i cartoni dopo Scrooge e i suoi tre fantasmi. E il tempo correva, si fermava o svaniva. C’era il carnevale in piazza, Luis Miguel e i primi baci. C’erano la geografia i brutti voti e la nazionale. Sorgeva la poesia, figlia illegittima del Romeo e Giulietta di Zeffirelli. Il suo Gesù e il mito di Sandokan, l’urlo della tigre e i fremiti del mio corpo. Il primo amore e la felicità che stringeva la gola, una felicità infinita e illusoria. C’erano Zeb, Luke e Molly, Jerry Lewis e Brett Sinclair, davanti al divano, davanti alla famiglia riunita. C’era il bagno la domenica dopo una giornata in campagna a deliziare e stuzzicare la bocca con le scorze delle mandorle acerbe. C’erano le canne e le capanne, la sabbia in casa e le corse al mare. C’era la briscola nell’ombra degli androni ed altri giochi che sorgevano al canto delle cicale. C’era un mondo incantato e soprattutto c’eri tu a dare un senso a tutto questo. C’era la tua voce, c’erano le tue premure ed i tuoi sorrisi. C’erano le fiabe inventate e quelle lette, le suore cattive e la tua rabbia. C’era l’odore della cartella e la maestra snob. C’erano i tuoi dolci e le bottiglie che macinavano i biscotti. C’era la nenia della tua macchina da cucire che cantava a volte tutta la notte per sfornare abiti incantevoli. C’erano le tue risate, mamma, c’era la tua gioia ed il tuo amore. E adesso c’è di nuovo tutto questo dentro me e dentro ogni nota che riascolto. Tutto un mondo che rifiorisce, che sboccia per un secondo, un dannatissimo secondo che vorrei fermare, un secondo soltanto per tornare indietro e riportarti qui, accanto a me.

“Il tempo ha visto e non tornerà indietro…” (E. Pound)

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