Danzano le mie parole
oltre i confini dell’indifferenza.
Spuma di umanità smarrita,
trapela dalle selve abbandonate.
Siedono i miei respiri
su rovi di libeccio,
il mio piacere è brama di eternità.
Infuriano i desideri
su imposte divelte dal tempo.
La ruggine morde angoli di cielo
spaesati lungo le coste.
Si staccano continenti
dal sospirato crepuscolo.
In un eccidio di raggi solari
si infiamma il sussurro di Eos.
Sugli aridi campi
seminerò tormenti,
dalla cerulea terra,
sbocceranno tempeste.
Né l’afa di questa notte
partorirà frutti zuccherini:
acerbo è l’immenso,
caduca la vita.
La caverna celi le sue trappole
alle brune zanne di Cerbero:
invano custode del male
morderai la mia anima.
Ella giace sotto effluvio del loto,
pronta a svanire nel rogo errante,
vagando da un esistenza all’altra
come fragore di lampo mortale.
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