DI SENECA, TRATTO DALLE: LETTERE MORALI A LUCILIO
Le letture, sono a mio parere, indispensabili, anzitutto per non accontentarmi soltanto di me stesso, poi, quando avrò conosciuto i risultati della ricerca altrui, per valutare ciò che si è scoperto e pensare alla altre cose che rimangono da scoprire. La lettura nutre l’intelligenza e la ristora, certo non senza applicazione, qualora sia affaticata dallo studio. Non dobbiamo limitarci a scrivere né limitarci alla lettura… Si deve riprendere alternativamente questa e quella e temperare l’una con l’altra. Nel coro le voci dei singoli rimangono come nascoste, spiccano le voci di tutti. E così, quando la schiera dei cantori ha gremito tutti i passaggi e l’anfiteatro è attorniato da suonatori di bronzee trombe e dal palcoscenico si è levato all’unisono il clangore di flauti e di strumenti di ogni genere, ecco formarsi da suoni dissimili un insieme armonico. Voglio che tale sia il nostro animo: vi alberghino molte conoscenze specifiche, molti precetti, esempi tratti da molte epoche, ma tutti questi elementi siano fusi armoniosamente in uno solo.
DI GIACOMO LEOPARDI: SCHERZO
Quando fanciullo io venni,
a pormi con le Muse in disciplina,
l’una di quelle mi pigliò per mano;
e poi tutto quel giorno
la mi condusse intorno
a veder l'officina.
Mostrommi a parte a parte
gli strumenti dell'arte,
e i servigi diversi
a che ciascun di loro
s'adopra nel lavoro delle prose e dè versi.
Io mirava e chiedea:
Musa la lima ov'è? Disse la Dea:
la lima è consumata; or facciam senza.
Ed io, ma di rifarla
non vi cal, soggiungea, quand'ella è stanca?
Rispose: hassi a rifar, ma il tempo manca.
DI ERASMO DA ROTTERDAM, TRATTO DALL’ ELOGIO DELLA FOLLIA
I poeti mi sono altrettanto debitori, benché appartengano indubitabilmente alla schiera dei miei adepti. A loro, tutto è permesso, dato che lo loro fatiche servono solo ad accarezzare le orecchie degli stolti. Tuttavia sul fondamento inconsistente delle loro arti costruiscono mirabili castelli in aria, promettendo a sé e a chi li ascolta l’immortalità e una vita degna di quella degli Dei. Ben più felice è la vita dello scrittore che nei suoi vaneggiamenti si attiene ai miei consigli. Egli non ha bisogno di scervellarsi: basta che scriva quello che gli salta in testa. Non spreca alcuna energia, soltanto qualche foglio di carta. E ha il successo assicurato: quanto più sciocche sono le mattane che scrive, tanto più folto sarà il suo pubblico, formato per l’appunto da folli e stolti.
DI STESICORO (LIRICI GRECI): A ME NON DA' QUIETE
Poi che raramente la Musa
allieta soltanto, ma rievoca
ogni cosa distrutta:
a me non dà quiete il dolce
sonante flauto dalle molte voci
quando comincia soavissimi canti.
DI CATULLO:
A chi dedicherò questo estroso libretto tutto nuovo,
e or ora levigato ai bordi con scabra pomice?
A te Cornelio; infatti solevi attribuire
qualche valore a queste mie bazzecole,
già allora, quando tu solo fra gli italici
osasti narrare la storia di ogni tempo
in tre volumi eruditi e, per Giove laboriosi!
Accetta perciò il contenuto di questo libretto,
qualunque ne sia il valore. Ed esso, o vergine protettrice,
possa vivere perenne, ben oltre una sola generazione.
DI CARMUNU CARUSO: AL POETA
Servi la Musa mentri ca ti chiama
ca si la chiami tu non ti rispunni
'ssicutannu la vai rama pi rama
e non la poi pigghiari e ti cunfunni.
Si tessi senza d'idda la tò trama
non ti veni pirfetta e tu la sciunni
'nveci na 'ddi mumenti ca ti chiama
tannu pò fari tu li cosi funni.
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